Ercolano, ragazzi uccisi: «Palumbo fuori controllo, ha ammazzato per futili motivi»

Ercolano, ragazzi uccisi: «Palumbo fuori controllo, ha ammazzato per futili motivi»
di Dario Sautto
Martedì 2 Novembre 2021, 07:00 - Ultimo agg. 20:12
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«Non volevo fare del male a nessuno, chiedo scusa a tutti». Resta in carcere Vincenzo Palumbo, l'autotrasportatore 53enne di Ercolano, accusato del duplice omicidio di Tullio Pagliaro e Giuseppe Fusella, due giovani di Portici ammazzati poco dopo la mezzanotte di venerdì scorso alle falde del Vesuvio. Ieri pomeriggio, il gip del tribunale di Napoli non ha convalidato il fermo «per mancanza del pericolo di fuga», ma con la sua ordinanza ha disposto il prosieguo della custodia cautelare in carcere per il reato di duplice omicidio volontario aggravato dall'uso di un'arma da fuoco. Un provvedimento molto duro, quello a firma del gip Carla Sarno, che conferma l'impianto accusatorio prospettato dalla Procura di Napoli procuratore Gianni Melillo, aggiunto Pierpaolo Filippelli, sostituti Luciano D'Angelo e Daniela Varone al termine dei primi accertamenti investigativi dei carabinieri della compagnia di Torre del Greco. Secondo il giudice, la dinamica è quella ricostruita dagli investigatori ed è ben visibile anche dal filmato acquisito dal sistema di videosorveglianza della villetta del vicino di Palumbo.

Il 53enne è uscito al balcone ed ha sparato ben undici volte verso la Fiat Panda bianca che stava facendo manovra in retromarcia lungo via Marsiglia. Tullio e Giuseppe avevano probabilmente sbagliato strada e stavano andando via, quando Palumbo ha aperto il fuoco contro di loro. I due giovani «non rappresentavano alcun pericolo» secondo il giudice e, dunque, «è escluso qualsiasi intento di difesa» da parte di Palumbo che avrebbe avuto solo «la volontà di colpire e uccidere a freddo sia il conducente sia il passeggero». Assistito dagli avvocati Fioravante De Rosa e Francesco Pepe, nel corso del suo interrogatorio, durato circa due ore, Palumbo ha confermato la sua versione, raccontando di aver preso la pistola che custodiva sotto il letto dopo che era scattato l'allarme perché una persona si era avvicinata al cancello. Ma dagli accertamenti eseguiti dai carabinieri è emerso che quell'allarme non è mai scattato ed è stato disinnescato (forse dalla moglie) solo mentre Palumbo apriva la porta ed usciva sul balcone della cucina, per poi sparare mirando bene verso la Panda dei due ragazzi. «Era carico di rabbia e voleva vendicarsi del furto subito il 4 settembre» è la spiegazione che dà il gip sul «gesto freddo e determinato» del 53enne.

Inoltre, nel corso dell'interrogatorio, Palumbo ha spiegato che aveva paura e la mattina usciva armato di pistola anche per accompagnare il cane a passeggio. Al momento è confermata anche la ricostruzione dei carabinieri che riguarda la tempistica del folle gesto e la chiamata al 112 partita quasi mezz'ora dopo il duplice omicidio. 

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Dopo aver sparato, Palumbo avrebbe atteso una decina di minuti, prima di scendere da casa a verificare se i passeggeri della vettura fossero ancora vivi. Solo dopo altro tempo, il 53enne ha chiamato i carabinieri e dato l'allarme, raccontando di aver «sparato a due ladri». Ma Tullio e Giuseppe non erano due ladri, bensì due bravi ragazzi di 27 e 26 anni. Tullio lavorava al mercato dei fiori di Ercolano e dava una mano nell'azienda di famiglia, mentre Giuseppe era prossimo alla laurea. Il 27enne spesso chiedeva agli amici un po' di compagnia fino a notte inoltrata, perché lui iniziava a lavorare intorno alle 3 per poi smontare alle 9 del mattino. Probabilmente era successo anche giovedì sera, dopo aver visto la partita del Napoli nel bar dello zio, a Portici, proprio insieme a Giuseppe. I due erano andati a posare la moto per prendere l'auto e l'ultima persona a vederli è stata la sorella di Tullio. Subito dopo, i due giovani forse dovevano incontrare degli amici che vivono in zona San Vito, nella parte alta di Ercolano, quartiere formato da diverse case coloniche distanti l'una dall'altra, molte delle quali anche abusive e costruite negli ultimi anni in piena zona rossa. Ed ecco che si rafforza la tesi sostenuta dalla famiglia Pagliaro: forse i due avevano sbagliato strada mentre cercavano la casa di alcuni amici, «traditi» dal navigatore, visto che in zona i cellulari e i gps non funzionano al meglio. 

 

Ieri mattina, accompagnati dall'avvocato Maurizio Capozzo, i genitori di Tullio, la sorella e lo zio sono stati ascoltati dai carabinieri ed hanno raccontato quegli ultimi attimi vissuti insieme ai ragazzi, prima di quell'ora di «buio» e della morte. Chiusi nel silenzio e nel loro profondo dolore, i genitori di Tullio Pagliaro non riescono a commentare quanto accaduto ai due ragazzi e affidano all'avvocato Capozzo poche parole: «Non riusciamo a spiegarci come sia possibile che vengano armati così facilmente i cittadini e non riusciamo a trovare una logica per quanto accaduto. Si è trattato solo di un gesto folle, che non ha né una ragione, né un motivo. Siamo distrutti. Un ringraziamento ai carabinieri e ai magistrati, per il lavoro encomiabile che stanno portando avanti. A loro va la nostra enorme gratitudine per l'impegno, la sensibilità e il tatto per i comportamenti nei nostri confronti e per come stanno trattando la vicenda. Riponiamo straordinaria fiducia in ciò che stanno facendo».

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