Ladri d’arte nel Santuario di Nola, marmi spaccati e rimossi: «Furto su commissione»

Ladri d’arte nel Santuario di Nola, marmi spaccati e rimossi: «Furto su commissione»
di Carmen Fusco
Lunedì 14 Dicembre 2020, 23:30 - Ultimo agg. 15 Dicembre, 11:06
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Le riggiole dell’Ottocento staccate dal pavimento, i marmi dell’altare rimossi, così come altri antichi reperti presenti nel convento a cominciare dal lavabo della sagrestia. Avrebbero portato via tutto se sabato pomeriggio un fiduciario dei frati minori di Napoli non avesse raggiunto la struttura arroccata sulla collina nolana di Cicala per raccogliere arance e mandarini dall’agrumeto del convento di Sant’Angelo in Palco. Un porta aperta ha insospettito il giardiniere: è entrato e si è messo le mani sul viso. Davanti a lui solo scempio e devastazione. Polvere, distruzione e sfregio. Mattonelle rotte, pesanti lastre di marmo appoggiate a terra, carriole piene di reperti pronti per essere portati via, sacchi stracolmi di maioliche sulle quali hanno camminato secoli di storia. Le lacrime agli occhi, la paura di veder sbucare all’improvviso gli impietosi autori del saccheggio di Sant’Angelo, del convento ormai chiuso da anni senza che ancora si riesca a dargli nuova vita dopo che anche l’ultimo frate ha lasciato l’edificio fatto costruire dalla famiglia Orsini nel 1430. Il coraggio preso a due mani per lanciare subito l’allarme.  

Sono accorsi subito i carabinieri della Compagnia di Nola e il provinciale dei frati minori di Napoli proprietari di questo complesso dall’inestimabile valore storico e culturale. Nel convento i ladri di storia stavano lavorando da giorni, probabilmente arrivando a piedi attraverso la collina. Il catenaccio del cancello di accesso, unica protezione a un bene di inestimabile valore, non è stato nemmeno toccato. Due, tre, quattro, forse anche cinque persone, una squadra di ladri con competenze specifiche. A giudicare da quello che hanno combinato avranno trascorso almeno 4 giorni con martelli e scalpelli. Nella chiesa dedicata a San Michele Arcangelo sono state ritrovate confezioni di acqua minerale, lattine di birra e merendine. L’occorrente per ristorarsi durante la fatica. E infine i sacchi, quelli di iuta, utilizzati per le nocciole. Ne avevano riempiti cinque e li avevano trasportati sul retro dove sarebbe stato possibile arrivare con un camion e portare via tutto una volta completata l’opera di spoliazione. Ma chi erano questi ladri d’arte? E per conti di chi agivano? Un furto su commissione, l’ipotesi più accreditata, la richiesta di qualche collezionista che conosceva bene i tesori custoditi a Sant’Angelo ed anche le inesistenti protezioni che avrebbero permesso di agire indisturbati.

Le indagini proseguono spedite e si passano ai raggi X tutte le tracce lasciate dai malviventi.  

Intanto a Nola ieri è stato un giorno triste. Quel posto non è solo lo scrigno dei gioielli della città ma è anche il rifugio dei ricordi: c’è chi lì si è sposato e chi ha giurato amore eterno al proprio partner. Un pezzo della storia di Nola e di ogni nolano. Dice, infatti, Michele Napolitano, il presidente dell’associazione culturale Meridies che collabora con la diocesi di Nola i cui volontari ieri sono stati i primi ad accorrere e a dare una mano: «Nonostante il convento sia non più fruibile come un tempo e che non si celebri più la messa tutte le domeniche non è tollerabile l’azione commessa, che tiene conto di un mercato nero fatto di ricettazione di opere d’arte patrimonio di tutti. Nulla giustifica lo scempio, Sant’Angelo appartiene alla comunità».

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