Napoli, famiglia costretta dal clan a lasciare la casa popolare: la sfida lanciata su TikTok

Napoli, famiglia costretta dal clan a lasciare la casa popolare: la sfida lanciata su TikTok
di Leandro Del Gaudio
Domenica 30 Ottobre 2022, 22:56 - Ultimo agg. 1 Novembre, 10:10
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Minacciato, picchiato, costretto a lasciare la propria abitazione. Ordine del boss emergente che, a leggere gli atti, sta cercando di imporre in questo modo la sua supremazia nel quartiere. Benvenuti al rione Amicizia, zona via Filippo Maria Briganti, roccaforte storica del clan Contini. Siamo nel centro di Napoli, dove - a leggere le carte in Procura - va avanti il progetto espansivo di un giovane boss locale. Sono bastate poche ore a cacciare via una famiglia da una casa del rione Amicizia. In sintesi, l’appartamento era di una persona anziana deceduta pochi anni fa; all’interno di questa casa, si era insediata una famiglia (due genitori e tre figli), che appena qualche giorno fa sono stati letteralmente cacciati. Espulsi, allontanati, a colpi di calci e pugni, secondo quanto raccontato ai poliziotti della squadra mobile dalla vittima di questo ennesimo episodio di violenza metropolitana. Violenza camorristica, sembra di capire, materiale buono per la Dda di Napoli. 

Ma torniamo alla denuncia sporta al terzo piano di via Medina, quanto basta ad accendere i riflettori sui mali atavici della nostra area metropolitana: la mancanza di una graduatoria aggiornata dei beni comunali; il controllo mafioso del patrimonio immobiliare. I fatti. A rivolgersi agli uomini del primo dirigente Alfredo Fabbrocini, è un venditore ambulante. È stato medicato al Fatebenefratelli, dopo essere stato aggredito e picchiato. E parte da un presupposto: «Anche la mia famiglia, anni fa, è entrata in un’abitazione in modo abusivo. Oggi però siamo stati cacciati da questa casa, nel corso di una strategia adottata da un boss emergente, che cerca in questo modo di imporre la sua strategia di supremazia». Viene fatto anche il nome del personaggio protagonista di questa sorta di repulisti, che fa capo a una famiglia storicamente legata al clan Contini, in una zona - quella di rione Amicizia - dove non sono bastati arresti e condanne per riportare la legge dello Stato.

È evidente che questo tipo di strategia criminale può funzionare solo in uno scenario segnato dalla mancanza di controlli e dalla incapacità del Comune di imporre le proprie regole a proposito di welfare minimo. Spiega il parlamentare Francesco Borrelli (Verdi), dopo aver recepito la testimonianza della vittima di questo nuovo abuso: «La prospettiva e la deriva che viviamo ogni giorno rispetto all’abusivismo è inaccettabile e crea una situazione di degrado morale e sociale assurda.

Constatiamo che, in alcune aree della città, la criminalità è libera di disporre di case popolari come vuole. Siamo al far west, ognuno si sente in diritto di fare ciò che vuole. Entra, esce, occupa, distrugge, caccia altre persone, aggredisce, senza conseguenza».  

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La violenza si sarebbe sviluppata in due giorni. Prima un avvertimento: «Sono venuti sotto casa mia - ha spiegato il denunciante - hanno urlato dalla strada, hanno inveito e offeso, ordinandomi di lasciare l’appartamento». Poi il secondo step: «Il giorno dopo stavo andando al lavoro, quando mi hanno circondato. Calci e pugni, graffi al viso. Sono stato costretto ad andare in ospedale», ha spiegato mostrando il referto del Fatebenefratelli, che parla di trauma cranico e contusioni multiple. Agli atti, ci sono i nomi di uomini e donne che avrebbero dato luogo al raid estorsivo. Un’aggressione che ha anche una sorta di prequel. Pochi giorni prima che partisse la rappresaglia ordinata dal boss emergente, ci sarebbe stata anche una sorta di sfida a mezzo tiktok, un social sempre più usato da parte di soggetti legati alle singole organizzazioni camorristiche. Sarebbe partita da qui la decisione di dare luogo alla spedizione punitiva. Facile ora immaginare la traiettoria investigativa. Primo obiettivo da parte degli inquirenti è individuare il locale che sarebbe stato svuotato con la forza. Stando alla denuncia si trova in via Fava, a pochi passi dalle case bunker dei boss che hanno segnato la storia nera della cosiddetta Alleanza di Secondigliano. Poi bisognerà capire a quando risale l’ultima assegnazione pubblica, almeno prima che su questo ed altri beni pubblici, arrivassero le mira espansionistiche del boss emergente di turno.

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