C'è chi ha impugnato la pistola, ha sparato e ha ucciso un pizzaiolo che non c'entrava niente con la rissa scoppiata in quel momento; poi c'è chi ha protetto la fuga del presunto killer, organizzando una sorta di staffetta tra un'auto e l'altra; chi ha provato ad avvantaggiare il presunto giovane assassino informandolo che era in corso un'inchiesta sul suo conto, che - in sintesi - la polizia era sulle sue tracce. E non è finita: in questo calderone spunta pure chi conservava armi e droga, altro fattore centrale nella mentalità e nell'economia della camorra di Barra. Omicidio di Francesco Pio Maimone, il giovane pizzaiolo di Pianura colpito a morte mentre trascorreva qualche ora di relax lo scorso 20 marzo a Mergellina, la Procura di Napoli ha chiuso da qualche giorno le indagini e si appresta a inoltrare al gip una richiesta di processo organizzata su più livelli di responsabilità. Inchiesta della squadra mobile del primo dirigente Alfredo Fabbrocini, sotto il coordinamento dei pm Antonella Fratello, Claudio Onorati e Simona Rossi, sono otto gli avvisi di chiusa inchiesta notificati negli ultimi dieci giorni, in un affresco che mette in rilievo presunti ruoli e responsabilità differenti.
Proviamo a procedere con ordine. Sotto accusa, come è noto, c'è Francesco Pio Valda, il ventenne accusato di avere impugnato l'arma che aveva indosso per vendicarsi di una sorta di sgarbo subìto nella ressa della movida cittadina.
Ma veniamo alle altre figure che entrano su una scena macchiata dal sangue di un innocente. Nessuno si scompone per la morte di un ragazzo di venti anni. Valda - scrivono gli inquirenti - ha ancora tra le mani la pistola calda dei colpi esplosi, quando entrano in scena Alessandra Clemente e Pasquale Saiz (rispettivamente difesi dai penalisti Carlo Ercolino e Onofrio Annunziata). In che modo? «Dopo che Valda aveva attinto mortalmente Maimone, in concorso tra loro, nonché con Giuseppina Valda e Giuseppe Perna, aiutavano lo stesso Francesco Pio Valda ad eludere le investigazioni». Più nello specifico, «Pasquale Saiz e Giuseppe Perna lo supportavano nella fuga e, dopo averlo lasciato in un posto sicuro, avvisavano Clemente Alessandra e Giuseppina Valda che andavano a recuperare a bordo della propria autovettura lo stesso presunto omicida». Una scena ripresa dalle telecamere, che inquadra Valda depositare un oggetto nero nell'abitacolo, tanto da far ipotizzare la consegna della pistola usata per uccidere un ragazzo innocente. In questa ricostruzione, grazie alle accuse messe agli atti, ci sarebbero altri comprimari: Giuseppina Valda, ad esempio, viene accusata di aver detenuto 12 grammi di hashish nella propria abitazione «al fine di agevolare l'organizzazione», mentre Rocco Sorrentino dovrà difendersi dall'accusa di concorso in detenzione di un'arma; stessa accusa per Giuseppina Niglio (nonna di Valda), secondo quanto sarebbe emerso da alcune intercettazioni. E non è finita: a Salvatore Mancini viene mossa l'accusa di essersi «recato nell'abitazione di Francesco Pio Valda il giorno dopo il delitto», quando ormai la notizia di un morto innocente è esplosa da un punto di vista mediatico: «Avvisava Francesco Pio Valda delle indagini in corso (sommarie informazioni di soggetti di Barra), lo prelevava e lo conduceva in un luogo sicuro, al fine di assicurarne la irreperibilità, per poi provvedere alle sue esigenze quotidiane». Tante facce di una notte napoletana su cui ora si attende il verdetto di un giudice.