Pizzaiolo morto a Napoli, il giallo del foulard sconosciuto

Ecco la foto scattata durante l’autopsia: sciarpa acquistata in un negozio religioso

Eduardo Granato
Eduardo Granato
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Martedì 13 Febbraio 2024, 23:57 - Ultimo agg. 15 Febbraio, 07:27
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Dopo aver visto quelle immagini sono ancora più convinti di una cosa: non è stato un suicidio, la sua morte è avvenuta al termine di una probabile colluttazione. Parliamo del caso di Eduardo Granato, il pizzaiolo di 28 anni trovato morto a gennaio del 2023, nell’androne di un edificio di via Duomo. Un palazzo storico dalla volta monumentale, chiuso da un cancello elettronico a prova di incursioni. Tredici mesi dopo il ritrovamento del cadavere, spuntano le foto dell’autopsia, che alimentano non pochi dubbi in seno alla fidanzata e alle sorelle di Eduardo. Si parte da una semplice ricognizione.

Tra i reperti fotografati, spunta una pashmina trovata nei pressi del cadavere di Eduardo, a pochi centimetri dal corpo del ragazzo che sarebbe volato dal quarto piano dell’edificio. Di chi è quella sciarpa? Per i parenti e per Ilaria, la ragazza che conviveva con il pizzaiolo, non ci sono dubbi: «Mai visto quell’indumento, non era un capo che indossava Eduardo». Ma di che si tratta? Si tratta di una sciarpa che celebra una chiesa di Secondigliano, con tanto di logo di una associazione religiosa. Nulla di riconducibile alla vita del pizzaiolo deceduto. Anzi. A scavare bene, quella pashmina sarebbe stata acquistata non lontano dall’edificio in cui è stato rinvenuto il corpo di Eduardo. Dove? In uno dei negozi in cui si vendono paramenti, abiti e icone religiosi, in una strada - parliamo di via Duomo - che ha fatto dell’artigianato sacro uno dei propri asset commerciali. Dunque, un mistero che si fa fitto, quanto basta ad alimentare sospetti e convinzioni della famiglia. Assistiti dal penalista napoletano Luigi Ferrandino, sorelle e fidanzata di Eduardo hanno sempre rifiutato l’idea di un suicidio.

Ricordate il caso? Era il 25 gennaio del 2023, quando venne trovato il corpo di Eduardo Granato nell’androne di un palazzo in cui non aveva alcun contatto. Quella notte, Eduardo aveva cenato con due amici. Poi venne accompagnato a casa, nei pressi di piazza Trieste e Trento (abitava in zona Pignasecca), ma - una volta rimasto solo - decise di andare in giro nella notte napoletana. Sarebbe arrivato da solo, a piedi, all’interno del civico di via Duomo. Primo mistero: chi gli ha aperto il portone? Poi: perché andare proprio in quell’edificio, se - almeno dai dati emersi - non aveva alcuna conoscenza degli inquilini? Ora spuntano le foto dell’autopsia, che fanno emergere nuovi tasselli di un puzzle tutt’altro che chiaro. Spunta la pashmina religiosa e non solo. A guardare le foto delle dita delle mani, si scoprono tracce di polvere, che rimandano al parapetto del secondo o del quarto piano. Tracce proprie di chi fa di tutto per rimanere attaccato alla ringhiera (e alla vita) per non finire dall’alto in basso. 

Nell’ipotesi di un suicidio, è come se il ragazzo avesse avuto un ripensamento dopo essersi lanciato, provando ad aggrapparsi disperatamente a qualche appiglio. Oppure, la storia è un’altra. Eduardo potrebbe aver litigato con qualcuno, che lo ha spinto dall’alto in basso, mentre provava ad afferrare la ringhiera e alcune piante che corredano il parapetto (a terra sono state trovate delle foglie). In quest’ottica, si spiegherebbero anche la scarpa di Eduardo rimasta al quarto piano (come se fosse stata strappata durante una presunta colluttazione fisica con qualcuno); e quella pashmina religiosa trovata accanto di Eduardo. Era al collo di qualcuno? Qualcuno che non ha avuto la forza di recuperare l’indumento, nel timore di essere scoperto accanto al cadavere.