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Test Medicina, intervista a Bruno Zuccarelli: «No alle iscrizioni libere ma questi quiz sono assurdi»

Il presidente dell'Ordine dei medici di Napoli: «La formula va cambiata, seguiamo il modello francese»

Parte da Napoli il tour dei diritti per chiedere l'abolizione del numero chiuso a Medicina
Parte da Napoli il tour dei diritti per chiedere l'abolizione del numero chiuso a Medicina
Maria Chiara Aulisiodi Maria Chiara Aulisio
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 3 Ottobre 2023, 11:00
5 Minuti di Lettura

Su un punto Bruno Zuccarelli, presidente dell'Ordine dei medici di Napoli, vuole essere molto chiaro: no al numero chiuso alla facoltà di Medicina così come viene concepito oggi. Sì invece al numero programmato che in altre parole vuol dire favorire un sistema di gestione dell'attribuzione dei posti agli studenti in base al fabbisogno del mercato del lavoro e del potenziale formativo delle Università. D'altronde il malessere arriva con sempre maggiore forza proprio dalla base: in una recente lettera indirizzata al ministro dell'Università e della ricerca i ragazzi del comitato “Aboliamo il numero chiuso” hanno chiesto ufficialmente che venga rivisto il sistema d'accesso alla formazione medica considerando improcrastinabile proprio l'abolizione del numero chiuso. Secondo gli studenti, molti dei quali napoletani, il metodo attuale d'accesso alle professioni mediche non terrebbe conto né delle esigenze reali del sistema sanitario né di garantire una selezione legittima e meritocratica.

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Presidente è d'accordo o no con gli studenti?
«Non si tratta di essere d'accordo o meno. Il punto è un altro: serve programmazione. Bisogna fare una previsione seria, non farlocca come quella attuale, da qui a sei e dieci anni, in grado di stabilire il numero di laureati in medicina di cui c'è realmente bisogno».

Così il problema è risolto.
«Sapere con qualche certezza di quanti specialisti avremo bisogno nei prossimi anni - dall'otorino al dermatologo, dal cardiologo all'ortopedico - o quanti medici di medicina generale serviranno, ci consentirebbe di disporre del giusto numero di professionisti per non avere più vuoti in organico».

Tornare all'accesso libero lo ritiene impensabile?
«Sono figlio del cosiddetto numero aperto e posso assicurarvi che la quantità di laureati che veniva fuori dalla facoltà di Medicina in quegli anni era assolutamente esorbitante e del tutto ingestibile. Si bandiva un concorso per due posti? Arrivavano ottocento candidati, tutti davvero interessati a lavorare. E poi la discrezionalità da parte dei professori era enorme: segnalazioni e raccomandazioni a non finire. No, quella modalità di accesso non credo sia più proponibile».

Ma neanche possono funzionare test come quelli in uso oggi, non crede?
«È chiaro che la formula va cambiata».

Che cosa propone?
«Abbiamo varie ipotesi sulle quali ragionare. La prima potrebbe essere quella di seguire il modello francese».

In che cosa consiste?
«È molto semplice: accetto tutte le domande che arrivano, chiunque voglia iscriversi alla facoltà di Medicina può farlo senza problema. La scrematura mi riservo di attuarla al secondo anno mettendo gli studenti alla prova sulle materie studiate fino ad allora».

E se la prova dovesse andare male?
«Avrai sprecato tempo e energia. Per gli studenti che non superano la selezione non esiste un percorso definito o meglio, il sistema formativo francese non prevede ufficialmente nessuna ancora di salvezza. Possono decidere di tentare nuovamente l'anno successivo oppure indirizzarsi verso altre facoltà, anche non correlate al settore sanitario».

Quindi non è un buon sistema?
«Secondo me no. Teoricamente dovrebbe essere una selezione basata sulla meritocrazia ma c'è troppa discrezionalità. Troppe differenze tra una università e l'altra, tra un docente e l'altro. È un sistema che non riesce a garantire una condizione di equità agli studenti e rischia di trasformarsi in un grande caos».

Quale sarebbe invece la formula giusta per accedere all'università di Medicina?
«Ritengo che andrebbe stabilito un criterio più oggettivo basato sul curriculum scolastico e su una prova/test - scritta e orale - che verta solo ed esclusivamente intorno ad argomenti che attengono alla medicina».

Basta test assurdi, insomma.
«Intanto non è ammissibile penalizzare un ragazzo solo perché non riesce a rispondere a dei quiz con domande che poco o nulla hanno a che vedere con il corso di studi che intende intraprendere. E poi dopo più di vent'anni quella metodologia va cambiata, ormai è obsoleta. Abbiamo avuto fin troppo tempo per capire quali sono le criticità da riformare».

In ogni caso la prova di accesso non va abolita. È così?
«Assolutamente no, modificata sì ma non eliminata. I cosiddetti test non possono essere mnemonici e basta, c'è chi in pochi minuti non riesce a dare il meglio di sè. Così rischiamo di perdere ottimi medici potenziali. E però una selezione iniziale ci vuole per forza».

Ecco perché lei pensa anche al curriculum scolastico.
«Secondo me è indispensabile: la valutazione va fatta nel suo complesso, è importante conoscere il percorso didattico dei candidati. Poi è chiaro che possono aver frequentato scuole più o meno severe, lo sappiamo. È per questo che dovranno superare anche un esame che però abbia attinenza con la medicina».

Intanto, mentre si continua a discutere, i medici sono sempre meno. Il direttore del 118 lancia appelli disperati: l'emergenza è in affanno.
«Lo ripeto da tempo. Fino a quando la medicina pubblica resterà poco attrattiva il problema può solo aumentare. Pochi soldi, turni di lavoro massacranti e botte e aggressioni continue. Spiegatemi perché un giovane medico dovrebbe scegliere un percorso del genere. Vai nella sanità privata, lavori meno, ti rispettano e guadagni di più. Vogliamo dargli torto?».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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