Ucraina, flashmob all'Università Federico II con studenti ucraini e russi: «Pronte agevolazioni per gli studenti rifugiati»

Ucraina, flashmob all'Università Federico II con studenti ucraini e russi: «Pronte agevolazioni per gli studenti rifugiati»
di Emiliano Caliendo
Lunedì 14 Marzo 2022, 16:32 - Ultimo agg. 15 Marzo, 07:06
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L’Università degli Studi di Napoli Federico II conferma il suo essere un elemento attivo della vita sociale e culturale della capitale del Sud. E sulla guerra in Ucraina, insieme agli studenti non solo italiani ma anche ucraini e russi, l’Ateneo ha voluto ribadire la necessità della pace attraverso un Manifesto presentato a margine di un partecipatissimo flash mob tenutosi alle 10,30 di lunedì 14 marzo.

Centinaia di allievi dei vari dipartimenti hanno infatti occupato lo scalone monumentale della Minerva, presso la sede centrale dell’ateneo al corso Umberto, gridando slogan antibellici e sventolando le bandiere della pace. «Il vero ostacolo alla guerra – dice il rettore federiciano Matteo Lorito - è la cultura e la bellezza di questi ragazzi straordinari. Il conflitto in corso è antistorico, non sapevamo più cosa fosse una guerra d’invasione. Purtroppo, ce lo ricordano, per cui dobbiamo manifestare contro questa situazione. Le accademie saranno la culla per superare queste situazioni di conflitto». 

Dopo la manifestazione, conclusasi con le note di “We are the world” degli Usa for Africa, studenti e docenti si sono spostati nell’Aula Magna al secondo piano dell'Università. Lì, allievi di diverse nazionalità hanno levato il proprio «grido contro le guerre» leggendo brani e versi di numerosi autori come Taras Shevchenko, Sadi Sherazi, Charlie Chaplin, Franco Battiato, Fëdor Dostoevskij. Prima dei vari interventi, il docente di Storia Contemporanea, specializzato in storia sovietica, Andrea Graziosi ha tenuto una lectio magistralis sulle cause storiche di quanto sta accadendo.

«Dobbiamo guardare la realtà, o meglio, avere un senso morale informato dalla realtà. Il male esiste, è così. Trasformare categorie collettive in categorie politiche ed applicarle ai comportamenti umani, è quanto di più orrendo possa accadere», dice lo storico spiegando che i russi, intesi come popolo, non vanno confusi con l’attuale classe dirigente del Cremlino. Presente anche Laura Lieto, nella doppia veste di docente universitaria e Assessore all’Urbanistica del Comune di Napoli, che agli studenti in platea cita il monaco Thich Nhat Hanh: «Per educare il popolo alla pace, possiamo usare parole o possiamo parlare con le nostre vite». «La pace – ha aggiunto Lieto - richiede una testimonianza radicale. Noi siamo nella condizione, come educatori, di poter dare un contributo. La volontà dei ragazzi e delle ragazze è una testimonianza importante di questo principio. Dobbiamo allargare il confronto non solo agli ucraini ma a tutte le situazioni di sofferenza. La città sta lavorando in maniera straordinaria». Il rettore Lorito ha spiegato che per gli studenti ucraini in fuga dal conflitto saranno previste numerose iniziative di sostegno e accoglienza: «Come Federico II accogliamo studenti e ricercatori dall’Ucraina e coloro che vengono da aree di conflitto con 150 posti letto; finanziamo borse di studio e consentiamo agli studenti ucraini di iscriversi ai nostri corsi gratuitamente con una semplice autocertificazione. Stiamo inoltre lavorando anche per fornire supporto psicologico e di interpretariato».

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Mentre si aspettano dunque gli studenti profughi di guerra, sono già tantissimi quelli italo-ucraini iscritti all’ateneo federiciano. È il caso di Anastasiya Mamonova, 21 anni studentessa di Economia e Commercio, in Italia da diciott’anni e originaria di Vinnycja, a tre ore di auto dalla capitale Kiev, che ha letto il “Testamento” del poeta ucraino Taras Shevchenko. «Mi sento più italiana che ucraina ma sono molto scossa poiché in questo momento la mia famiglia si trova in Ucraina. Vinnycja, pur essendo stata poco colpita dai bombardamenti, è una zona comunque pericolosa per la presenza di basi militari. Alcuni miei zii si sono arruolati nelle milizie territoriali di difesa.

Non posso fare previsioni, l’unica cosa che posso fare è dare informazioni e creare consapevolezza sul conflitto».

Quando le si chiede quali notizie le arrivino, Anastasiya ci tiene a fare dei distinguo: «Ci sono tantissimi sabotatori russi, al momento il lavoro che si sta facendo è quello di intercettare queste spie. La situazione viene descritta più drammaticamente di quanto avviene: in tv ho sentito che il conflitto è diffuso in tutto il territorio ucraino, quando in realtà le parti più colpite sono quelle orientali e città come Kiev e Kharkiv». Ed è proprio dall’est del paese invaso – dalla regione di Donetsk - che proviene un’altra studentessa, Anastasiya Riabushko, di nazionalità ucraina ma russofona. «Andrò a leggere una poesia di Olga Berggólts – spiega la giovane - si intitola ‘Discorso con la vicina’, in cui la poetessa rappresenta il dialogo tra due donne comuni che sperano nella pace affinché si ritorni ad una vita normale. Per me la guerra non va avanti da 20 giorni ma da 8 anni, provenendo da un territorio in cui è in corso una guerra civile. Pur trovandomi in Italia, anche per me è un dolore immenso: parliamo di due popoli, da sempre fratelli, che dovrebbero sostenersi e aiutarsi come sempre è stato fatto storicamente, e invece adesso ci troviamo in queste circostanze». E in questo caso cambiano le notizie che arrivano dai territori al di là del fiume Dnepr che taglia in due l'Ucraina: «Ho notizie di bombardamenti da parte dell’Ucraina, cessati a seguito dell’intervento russo. Ma è un conflitto ad intermittenza da quando è iniziato».  

 

Andriy Novakovskyy, 24 anni, studente ucraino-napoletano di Ingegneria Navale, originario di Leopoli è ancora sotto shock per quanto sta accadendo: «Già dal 2014, tornando nel mio Paese ogni anno, non capivo come ucraini che fino al giorno prima mangiavano dallo stesso piatto, avessero iniziato a farsi la guerra. Dopo anni di guerra civile mi sono rassegnato, sperando finisse presto. Mai avrei pensato, invece, che il conflitto potesse espandersi fino a questo punto. Resto incredulo – esclama preoccupato -, i primi giorni li ho vissuti come in una bolla. Pensavo fosse solo un brutto sogno». Un pezzo della sua famiglia è ancora in Ucraina: «Mi sento con mio zio quotidianamente. I primi giorni è stato un po’ più difficile: lui e la sua famiglia stavano sempre con una borsa pronta nel caso in cui fossero iniziati i bombardamenti, in modo da rifugiarsi velocemente in un bunker. Ora la situazione appare più calma ma sicurezze non ce ne sono, considerando che solo ieri è stata bombardata una città nei pressi di Leopoli».  Alla domanda se pensa che il futuro dell’Ucraina sia in Occidente e in Unione Europea, Andriy, riflettendoci alcuni secondi, risponde fiducioso: «Lo spero».

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