Kennedy a Napoli, 60 anni fa il «trionfo napoletano» e tanta voglia di pace

Il 2 luglio 1963 la visita di tre ore di JFK

La prima pagina del Mattino dell'epoca
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Gigi Di Fioredi Gigi Di Fiore
Sabato 1 Luglio 2023, 08:00 - Ultimo agg. 2 Luglio, 08:11
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A Napoli rimase solo tre ore. Un mordi e fuggi, quello del presidente americano John Fitzgerald Kennedy, nel pomeriggio di 60 anni fa. Quel 2 luglio 1963, arrivò in elicottero alle 16,32 sul piazzale del Comando Nato Sud Europa, allora a Bagnoli. Gli andò incontro il presidente della Repubblica, Antonio Segni, atterrato a Capodichino con il neo presidente del Consiglio, Giovanni Leone, e i ministri Attilio Piccioni e Giulio Andreotti. Per Kennedy era la tappa conclusiva di un tour europeo di 10 giorni. Il 26 giugno precedente aveva tenuto uno storico discorso a Berlino ovest, dove solo un anno prima era stato innalzato il muro che divideva le due Germanie. Il suo era stato un invito alla pace, sintetizzato dalla frase «Ich bin ein berliner» coniata dal suo ghostwriter Ted Sorensen. «Sono un berlinese» e fece il bis sul sogno di pace nel discorso alla sede Nato di Napoli. 

Si era in piena guerra fredda, il muro di Berlino ne era stato la celebrazione. Al Comune di Napoli, il sindaco Dc Vincenzo Palmieri stava per passare la mano a Nando Clemente. Il Napoli allenato da Bruno Pesaola era sprofondato in serie B. Il 21 giugno precedente, Paolo VI era diventato papa succedendo a Giovanni XXIII. Poche ore ancora e il governo Leone avrebbe ottenuto la fiducia con i voti Dc e l'astensione di socialisti, socialdemocratici e repubblicani. Era la prima volta a Napoli di un presidente americano. Dopo Roma, la sede Nato napoletana. Il presidente venne senza la moglie Jacqueline, che era incinta. C'erano invece la sorella Eunice con il marito Robert Sargent Shriver. Fanfara, inni, bandiere americane e italiane, ben 50mila orifiamme disposte per Napoli dagli scenografi del San Carlo, il benvenuto dell'ammiraglio James Sargent Russel. E poi l'atteso discorso ufficiale, con testo distribuito dal portavoce Pierre Salinger.

Otto punti, assai chiari. Sintesi e consuntivo del viaggio europeo con Berlino tappa più significativa. Napoli, il luogo prescelto per tirare le somme. 

Otto punti, preceduti dalla frase «è sempre più chiaro». L'alleanza atlantica, la pace, la volontà di arrivare all'equilibrio europeo eliminando le fratture tra est e ovest: Kennedy lanciò un messaggio da Napoli, richiamando persino le idee di unione europea di Giuseppe Mazzini. Disse: «L'unità dell'Occidente potrà portare all'unità dell'Est e dell'Ovest, finchè l'umana famiglia sarà veramente un solo ovile sotto la guida divina». Marinai schierati, le bandierine a stelle e strisce sventolate da decine e decine di allievi della scuola americana «Forest Sherman» di via Manzoni. Ma quello che avvenne nei 20 chilometri, che il presidente percorse sulla Limousine nera scoperta insieme con il presidente Segni, fu al di là di ogni immaginazione per folla, entusiasmo, manifestazioni spontanee, sicurezza ridotta all'essenziale, senza copione preparato. 

L'auto presidenziale nera partì alle 17,40 da viale della Liberazione a Bagnoli. Le strade erano state tirate a lucido dal Comune, con asfalto fresco. Lavori così recenti che ben 12 dei corazzieri di scorta furono costretti a farsi rimorchiare dal carro attrezzi perchè le loro motociclette si erano impantanate nell'asfalto arroventato dal caldo infernale. Fuorigrotta, Mergellina, via Caracciolo, piazza Plebiscito, piazza Trieste e Trento. La gente ai lati del corteo era tanta, angurie e fichi in vendita, fonografi con canzoni napoletane. Qualcuno contò 5-700mila persone. Il «Roma» azzardò la cifra di un milione. Napoletani, ma anche campani da ogni provincia e molisani. Un uomo si lanciò con un mazzo di gladioli, bloccato dalla sicurezza americana. Una donna, con una supplica scritta, rischiò di finire sotto l'auto. Kennedy fece fermare il corteo, prese il foglio e lo mise in tasca sorridente. Era in inglese il cartello con il testo «siamo nati in Italia ma la nostra seconda patria sono gli Stati Uniti. Lasciaci ritornare perchè non vogliamo morire a Napoli come Lucky Luciano». Una richiesta firmata «gli indesiderabili», guidati da tal Paolo Valente di Palermo. Erano gli italo-americani espulsi perchè accusati di reati gravi e rispediti in Italia. Solo l'anno prima, era morto a Napoli il boss Lucky Luciano, il più famoso tra loro. Kennedy sorrise, salutò. Da Capodichino sarebbe tornato in elicottero a Roma, per salire sul Boeing che l'avrebbe riportato a casa. Lasciò un ultimo messaggio, fuori il comunicato ufficiale del governo italiano. Ringraziava «particolarmente per questa grande manifestazione ricevuta a Napoli, che rende tanto più triste andarcene, ma tanto più felice la prospettiva di ritornare». Invece fu un lampo di addio. Solo 4 mesi dopo, il 22 novembre 1963, Kennedy sarebbe stato assassinato a Dallas. 

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