Video di Rossella Grasso
«Finalmente possiamo ospitare qui a Lussemburgo, dopo una lunga attesa, questa importante opera del Museo della mia città - dichiara il Prof. Antonio Tizzano - L'Italia, Napoli in particolare, con tutte le loro ricchezze artistiche, non potevano essere assenti nella la culla giudiziaria dell'Europa». «Obvia un progetto universitario adottato del MANN che nasce da un Protocollo d'intesa di cui sono responsabile - spiega Savy, ricercatrice di Diritto dell'Unione europea e docente di Diritto europeo dei beni culturali - tra l'Università Federico II ed il Museo Archeologico, per la promozione dell'immagine del Museo sul piano nazionale ed internazionale».
L'importanza di questa Erma è data soprattutto dalla trascrizione di un brevissimo passo del Critone di Platone. Subito dopo che Critone lo ha spronato ad accettare il piano studiato dagli amici per salvarlo dalla morte, Socrate replica al discepolo che innanzi tutto è il caso di esaminare se sia lecito fare quanto proposto «in quanto io - si legge - e non solo da oggi, ma da sempre non mi lascio persuadere se non da quel ragionamento che, secondo il mio modo di pensare, mi sembra il migliore». «L'unicità dell'opera è proprio in quella dichiarazione, perennemente incisa nel marmo, di una assoluta libertà di pensiero, autonoma da qualsiasi condizionamento che non fosse il rispetto della legge, come con estrema coerenza il filosofo dimostrò accettando di morire pur di non contravvenire alle leggi della città, per quanto ingiuste» sottolinea Valeria Sampaolo, Conservatore Capo-Mann. L'Erma di Socrate, in marmo bardiglio di Luni, risalente al III secolo d.C. è alta m 1,75 (alt. parte antica m. 0,79; erma. m 0,27) ed è stata recentemente restaurata (naso e parte dell'erma).
L'Erma faceva parte della collezione di ritratti che l'antiquario Fulvio Orsini lasciò in eredità ai Farnese.
La scultura è una copia di età imperiale derivata dalla statua pubblica, in bronzo, dedicata - secondo quanto racconta Diogene Laerzio - dagli ateniesi pentitisi della condanna inflitta al filosofo e realizzata da Lisippo alla fine del IV secolo a.C