Ritorna a Napoli «Lenòr», l'opera teatrale dedicata alla Pimentel de Fonseca

Ritorna a Napoli «Lenòr», l'opera teatrale dedicata alla Pimentel de Fonseca
di Donatella Trotta
Lunedì 9 Marzo 2015, 18:54 - Ultimo agg. 12 Marzo, 14:37
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Frammenti di un discorso amoroso tra memoria e profezia, storia e attualità, passioni e disincanto. Protagonista, un personaggio speciale. Per un appuntamento speciale. È dedicato alla straordinaria figura di Eleonora de Fonseca Pimentel lo spettacolo «Lenòr» in scena domani, martedì 10 marzo, al Teatro Nuovo di Napoli (via Montecalvario 16, matinée alle 10.30, replica alle 18.30) nell’intensa interpretazione di Nunzia Antonino, con la regia di Carlo Bruni.



Prodotta da Diaghilev teatro, la coinvolgente opera teatrale - un componimento di Enza Piccolo, Nunzia Antonino e Carlo Bruni che è ad un tempo biografia e sentimento - ritorna a Napoli come un’occasione da non perdere, per spettatori giovani e meno giovani. Perché l’omaggio all’eroina e martire della Rivoluzione Napoletana del 1799 è infatti un coinvolgente e toccante monologo che Antonino recita con una pluralità di registri espressivi, come un ininterrotto flusso di coscienza e quasi reincarnandosi, per un’ora, nella donna alla quale restituisce così corporeità, anima e dignità, sogni, sentimenti e rabbia, con grazia ineffabile e particolarmente ispirata, soprattutto nei punti salienti e più drammatici della sua storia.



«Sono nata il 13 gennaio 1752, sotto il segno del Capricorno - recita Nunzia/Lenòr -. Credo nell’influsso delle stelle sul destino delle persone. Sono le stelle a suggerirmi: continua, va’ avanti. E io, sin da piccola, sono stata curiosa, testarda, perseverante: pronta a prendere tempo, per poi esplodere all’improvviso. Da ragazza avevo due occhi di fuoco, ero sincera, fervida, non capivo il cinismo, volevo che le cose migliorassero, credevo che potessero migliorare, e non solo per pochi. Ero disposta a rinunciare ai miei privilegi. Forse ero ingenua. Ho combattuto».



Ed è allora la parabola di una generosa utopia a rivivere in scena attraverso la testimonianza di una donna, Lenòr, portoghese d’origine, napoletana d’adozione, che fu poetessa, scrittrice, tra le prime donne giornaliste in Europa con la direzione del suo «Monitore Napoletano». Una figura femminile insomma «decisiva per la storia del nostro Paese e in particolare del Sud», sottolineano la sua interprete e il regista Carlo Bruni, che non a caso stanno portando questo spettacolo in giro per l’Italia e per l’Europa, valorizzando così anche in chiave educativo-emotiva la memoria storica di una delle pagine più cruente e dolorose per la «meglio gioventù» del Mezzogiorno illuminista.



«Protagonista dei moti partenopei del 1799 e di quell’effimera Repubblica meridionale - spiegano ancora Antonino e Bruni -, Lenòr condusse un’esistenza esemplare, appassionata a faticosa, che ci parla ancora oggi, con grande forza, di libertà e giustizia, di amore e dignità». Ispiratrice di tanti scrittori, come Enzo Striano (il suo bel romanzo «Il resto di niente», del 1986, ha a sua volta generato l’omonimo film di Antonietta De Lillo nel 2004), di artisti come Armando De Stefano e molti altri, Lenòr continua insomma a sopravvivere alla sua stessa morte violenta anche in teatro, dove l’impatto fisico tra artista e spettatore genera la magia di scosse e cortocircuiti emotivi ad ogni rappresentazione unici, diversi e irripetibili.



«Correrò questo rischio» disse Eleonora accettando coraggiosamente sino in fondo il proprio destino di resistenza, sfida e rivolta. E il suo sacrificio, se esce dall’oblio, non sarà avvenuto invano. Ma continuerà a parlare ininterrottamente alle coscienze dei posteri. Ne sono convinti Nunzia Antonino e Carlo Bruni, artisti e promotori culturali ”militanti“ di particolare sensibilità: «Gli straordinari sommovimenti che stanno mutando il profilo del mondo arabo, la crescente indignazione che anima i movimenti europei, il disagio che attraversa l’Italia - aggiungono - disegnano un panorama in cui la storia di questa donna, insieme con quella di molti suoi compagni di viaggio, sembra collocarsi perfettamente». La ragione? «Eleonora combatté sino al patibolo la volgarità e l’inganno, l’ignoranza e la barbarie. Raccontarla - concludono - significa non solo rendere omaggio a una grande antenata, ma invitarla a guidarci ancora sul sentiero di questo tempo difficile».
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