Freddezza. Dettagli che evidenziano i rapporti ormai tesissimi tra De Luca e il resto del partito, tra i vertici nazionali e quelli regionali. In attesa che il quadro diventi più nitido, al Nazareno si spera che i casi Roma e Napoli si rivelino diversi. «La vicenda degli scontrini non era la ragione per cui chiedevano le dimissioni di Marino, era solo l'ultimo di una serie di errori. Quella di De Luca è una vicenda su cui invece aspettiamo di capire quello che uscirà dalle carte. E valuteremo», ragiona il presidente pd Matteo Orfini. Renzi, però, rimane preoccupato degli sviluppi dell'inchiesta che coinvolge il governatore e anche se cerca di ostentare tranquillità. «Non incendiamo i toni, né giungiamo a conclusioni affrettate. Aspettiamo», dice il premier-segretario ai suoi. È però inviperito su come il governatore abbia maneggiato tutta la faccenda: sapeva dell'inchiesta ma con ostinazione ha negato tutto. E a Roma, come a Napoli, il cordone di protezione, come si usa in questi casi, è stato già tagliato. «Ha fatto tutto da solo e ora non può aspettarsi protezione in questa vicenda se non viene prima chiarita», dicono i vertici del Nazareno mentre vanno in crisi anche i rapporti interni.
A Roma e all'ombra del Vesuvio. Perché, è vicenda nota, sul nome di De Luca, alla vigilia delle regionali, non c'è stata certo unanimità. Anzi l'unico a spalleggiare l'ex sindaco di Salerno è sempre stato il sottosegretario Luca Lotti. L'uomo che una settimana prima del congresso nazionale aveva strappato De Luca dalla vecchia ditta di Bersani alla causa renziana. E sempre Lotti ha vinto le resistenze iniziali fortissime dello stesso Renzi, del vicesegretario Guerini e del presidente Matteo Orfini riottosi a mettere in campo De Luca. E ora gli ultimi due, in questo clima, si vogliono tirare fuori dalla faccenda. Come a dire: è affar vostro. A Napoli il clima non è certo migliore.

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