Cesaro jr: «Vittima del pizzo da 15 anni ma Igea resta un'eccellenza regionale»

Cesaro jr: «Vittima del pizzo da 15 anni ma Igea resta un'eccellenza regionale»
di Leandro Del Gaudio
Sabato 13 Giugno 2020, 11:30
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Racconta la sua esperienza di medico e di manager nel settore sanitario. Ricorda l'intuizione di creare un centro diagnostico per rispondere alle esigenze del territorio, in sintonia con altri colleghi imprenditori. E nega con fermezza l'idea di aver stretto un rapporto di società occulta con Pasquale Puca, sfruttando proventi del clan di Sant'Antimo. È durato poco meno di un'ora l'interrogatorio di Antimo Cesaro, finito in cella pochi giorni fa per concorso esterno in associazione camorristica. Difeso dai penalisti Claudio Botti e Fabio Gino Fulgeri, Antimo Cesaro ha provato a ribadire il suo ruolo di vittima del sistema criminale locale, respingendo l'ipotesi di «cointeressenze occulte» con la famiglia del boss Pasquale Puca, o minorenne. Inchiesta dei pm anticamorra Giuseppina Loreto e Antonella Serio, sotto il coordinamento dell'aggiunto Rosa Volpe, tocca al fratello minore del senatore azzurro Luigi Cesaro. Faccia a faccia con il gip Maria Luisa Miranda, il medico-imprenditore è reduce da quattro giorni in cella a Poggioreale: «Ho subìto richieste estorsive», spiega. Poi un riferimento al suo gioiello, il centro Igea di via degli Oleandri, colpito nel 2014 da un attentato dinamitardo. Un episodio che viene collegato anche alla rapina a mano armata subita in casa dallo stesso Antimo, ma anche agli spari contro l'auto di Aniello (che è ai domiciliari assieme al fratello Raffaele, per la gestione del centro commerciale Il Molino) e che viene riletto dal giudice in modo diametralmente opposto rispetto alla versione fornita ieri dall'indagato. In sintesi, c'è la convinzione da parte del giudice che il rapporto tra i Cesaro e Puca si sia incrinato intorno al 2013, quando non sarebbero stati più onorati gli impegni presi nei confronti del boss Puca, detenuto dal 2009. Poi arrivano le fughe di notizia, con il furto di un'intera informativa di polizia giudiziaria sui rapporti Puca-Cesaro, che mettono in guardia i fratelli imprenditori e irrigidiscono i rapporti con la camorra locale. Uno scenario segnato da tentativi di «depistare le indagini», come hanno sintetizzato gli inquirenti, alla luce degli accertamenti del Ros (guidato dal colonnello Gianluca Piasentin). Intanto, ieri è toccato ad un altro protagonista dell'inchiesta replicare alle accuse della Procura di Gianni Melillo.

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È durato un'ora l'interrogatorio dell'ingegnere Claudio Valentino, indicato come presunto dominus di un sistema interno agli uffici tecnici di Sant'Antimo, in grado di macinare tangenti in cambio di concessioni a costruire. Difeso dal penalista Mauro Valentino, l'ingegnere ha spiegato di aver più volte denunciato ogni pressione più o meno larvata che gli veniva fatta: «Quando capivo che c'era un approccio non corretto in materia di concessioni, andavo dai carabinieri a denunciare». E le intercettazioni in cui si fa continuo riferimento all'«ingegnere»? Non era l'unico professionista in seno alla macchina amministrativa dell'ente ad avere questo titolo - è la posizione dell'indagato -, potrebbero esserci riferimenti ad altri ingegneri.
 


Ed è lo stesso Claudio Valentino a rispondere anche su un altro punto finito nell'inchiesta, a proposito di un incarico part time in forza al comune di Melito. Un incarico durato poche settimane, su cui il gip ha chiesto spiegazioni (alla luce di alcune intercettazioni raccolte dal Ros), ricevendo questo tipo di ricostruzione: l'ingegnere Claudio Valentino era stato cooptato per le sue abilità tecniche, accettando un incarico a tempo, segnato però dalla dichiarazione di dissesto dello stesso comune. Restano ovviamente al vaglio dei carabinieri del Ros le procedure amministrative curate da Valentino, nel corso della sua breve esperienza in forza al Palazzo melitese. Ma sono decine le posizioni che ora il gip sta passando al vaglio, in un'inchiesta culminata in 59 ordini di arresto (tra domiciliari e carcere). Poi ci sono decine di indagati, tra uomini politici e manager, tutti a vario titolo ricondotti al tentativo mettere le mani sul comune di Sant'Antimo. Si è avvalso della facoltà di non rispondere il consigliere Francesco Pio Di Lorenzo, particolarmente attivo nelle elezioni municipali del 2017, ma anche nel tentativo di disarcionare la giunta di Aurelio Russo. È pronto a dare la sua versione dei fatti un altro politico doc, l'ex presidente del consiglio comunale locale Salvatore Castiglione, per il quale va fatta una precisazione: difeso dall'avvocato Mario Angelino, Castiglione non è tra i nomi degli arrestati (contrariamente a quanto pubblicato due giorni fa dal Mattino) e si dice pronto a dimostrare la correttezza della propria condotta. 

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