Cgil, la voce dei 2mila al Plebiscito contro la Manovra del Governo Meloni: «Aumenta le disuguaglianze»

Cgil, la voce dei 2mila al Plebiscito contro la Manovra del Governo Meloni: «Aumenta le disuguaglianze»
di Alessio Liberini
Venerdì 16 Dicembre 2022, 19:09 - Ultimo agg. 17 Dicembre, 17:53
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Armati di bandiere, striscioni e fumogeni, sono arrivati a Napoli da ogni provincia della Campania. Oltre 2mila, tra delegati e delegate sindacali, hanno preso parte alla mobilitazione regionale, promossa dal sindacato in concomitanza con lo sciopero generale di otto ore indetto dalla Cgil in tutto lo stivale, per manifestare contro la Legge di bilancio prodotta dal nuovo Governo guidato dalla Premier Giorgia Meloni.

Radunati in Piazza del Plebiscito, di fronte la prefettura, i sindacalisti hanno ribadito un secco no contro la manovra che «continua ad aumentare le disuguaglianze sociali» ha spiegato, a conclusione del presidio statico, la segretaria nazionale della Cgil, Francesca Re David. «La precarietà porta alla povertà – chiarisce l’ex segretaria generale della Fiom – inoltre non si investe sulla scuola e sulla sanità che oltre a rappresentare dei posti di lavoro delineano anche la qualità della vita delle persone: il segno di questa Legge di Bilancio è pertanto regressivo».

«Anche questa volta – precisa Re David, ricordando che esattamente un anno fa Cgil e Uil erano in piazza contro la manovra del Governo Draghi – l’impostazione è la stessa, anzi è pure peggiorata: le risorse vanno tutte in un'altra direzione. Sulle pensioni non c’è nessun segnale di inversione rispetto la legge Fornero. La flat tax, invece, dimostra come in Italia non si stia più perseguendo la progressività fiscale mentre sugli extraprofitti, prodotti dalla speculazione fatta sull’energia, l’intervento è minimo». Per quanto riguarda le crisi industriali nel Meridione: «Mancano soluzioni di politica industriale: questo è particolarmente grave per il Mezzogiorno. È impensabile, nonché incredibile, che con i soldi del Pnrr e con la necessità di fare politiche che riportino in Italia asset industriali fondamentali, il Sud non sia stato al centro di una discussione: perdere le fabbriche che ci sono vuol dire desertificare il Paese ed il Meridione rischia una gravissima deindustrializzazione».

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«Il nostro non è uno sciopero politico – evidenzia, invece, il segretario della Cgil di Napoli e Campania, Nicola Ricci – difendiamo il mondo del lavoro, delle imprese e delle famiglie: bisogna utilizzare le risorse ma con un carattere di equità universale tra Nord e Sud». «Questa manovra – denuncia Ricci - è iniqua e ingiusta. Pensiamo che le misure messe in campo siano insufficienti. C’è ancora tempo per correggerle, a partire dalle politiche industriali, dalla riforma del fisco fino al capitolo della sanità».

Se si annuncia pertanto un gennaio bollente, sul fronte delle mobilitazioni del mondo del lavoro, per molti metalmeccanici campani, provenienti da vertenze aperte sul territorio regionale, neanche l’imminente Natale potrà essere all’insegna della serenità. «Saranno delle festività di passione per noi e le nostre famiglie – racconta, a malincuore, Michele Madonna, Rsu di fabbrica della Jabil di Marcianise – nell’incertezza di sapere che fine faremo già dal prossimo anno». «La politica ha dimenticato i lavoratori – osserva Madonna – perché non si ascolta più la voce delle lotte». Battaglie che in Campania vanno avanti, senza vedere risultati efficaci, anche per anni e anni. Ne sanno qualcosa gli operai della Cam, gruppo Dema (società del comparto compositi per aerostrutture), di Paolisi, comune del Beneventano, che dal 2018 si trovano in cassa integrazione, sia ordinaria che straordinaria. E per l’anno nuovo, al posto di un piano industriale che riporti futuro e dignità ad un intero territorio, potrebbero persino perdere ogni tipo di ammortizzatore sociale, nonostante il settore di riferimento si trova in pieno boom di commesse: «Al momento ci sono 150 famiglie che rischiano, seriamente, il posto di lavoro – dice Francesco De Falco, Rsu di fabbrica da 17 anni in Dema – Noi non vogliamo vivere di Cgi: il Sud chiede lavoro non assistenzialismo, ma le risposte non ci sono».

In piazza del Plebiscito, tuttavia, a contestare la manovra non ci sono solo i metalmeccanici ma un vero e proprio affresco sociale della precarietà regionale a trecentosessanta gradi: dal mondo del trasporto pubblico, passando per la scuola, fino alla sanità. Tra i più delusi, dalle mosse della politica nazionale e locale, spiccano quelli che fino a qualche mese fa erano definiti «gli eroi del Covid» che ora si dicono «completamente dimenticati».

A trovarsi in uno stato di grande agitazione ci sono anche i dipendenti provenienti dal mondo della sanità privata e del terzo settore che, a margine del presidio all’esterno della prefettura, si sono messi in marcia, in corteo, fino alla sede della Regione Campania, presidiando l’ingresso di Palazzo Santa Lucia.

«Adesso – spiega Mario Zazzaro, coordinatore territoriale della Fp Cgil di Napoli - dopo i tempi duri della prima ondata di pandemia, siamo soggetti al dumping contrattuale: un elemento che peggiora il nostro salario e non garantisce la stessa qualità del servizio ai cittadini». «A De Luca – conclude Zazzaro - chiediamo l’utilizzo del contratto Aiop sanità e non dei contratti che ledono i diritti dei lavoratori».

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