Campania: mancano medici e infermieri: ​a rischio la rete dell'emergenza

La Regione potrebbe puntare sull’accorpamento delle unità di pronto soccorso dei presìdi periferici con le grandi strutture provinciali

Il pronto soccorso dell'ospedale Maresca di Torre del Greco
Il pronto soccorso dell'ospedale Maresca di Torre del Greco
di Ettore Mautone
Giovedì 29 Dicembre 2022, 00:00 - Ultimo agg. 17:12
4 Minuti di Lettura

Manca il personale, rete dell’emergenza a rischio: la Regione Campania è alle strette e potrebbe puntare sull’accorpamento delle unità di pronto soccorso dei presìdi periferici con le grandi strutture provinciali per tenere in piedi un indispensabile servizio salvavita.

«Non tutti si sono resi conto ma a gennaio saremo costretti a chiudere qualche pronto soccorso marginale per tenere aperti quelli più importanti». Il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca torna a spingere su questo tasto pensando a una rete dell’emergenza rimaneggiata da due anni di pandemia, a corto di personale e senza rimpiazzi a disposizione dopo i tanti pensionamenti, trasferimenti, dimissioni, ripieghi su altri servizi di decine e decine di medici e infermieri.

Neanche assumendo gli specializzandi si riesce più ad assicurare i turni necessari.

Un presidio salvavita da tenere invece piedi, a livelli di efficienza, a tutti i costi. Anche il rimedio di trasferire in prima linea, per alcune ore, personale specialistico dai reparti si è rivelato insufficiente per non parlare dei concorsi che spesso vanno deserti. Lavorare in pronto soccorso è usurante, poco gratificante sul piano economico e professionale con alti rischi di contenziosi e aggressioni da parte di un’utenza che non comprende lo sforzo profuso dal personale. Un circolo vizioso nel quale è prioritario intervenire. 

De Luca mette nel mirino il governo nazionale: «Se ne infischiano, come prova la legge di Bilancio appena approvata alla Camera dei deputati. Hanno stanziato due miliardi per la Sanità ben sapendo che soltanto di costi energetici in più spenderemo un miliardo e mezzo». Il grido d’allarme riguarda anche la mancanza di personale: «È sconcertante la mancata programmazione nazionale sulle assunzioni. Basterebbe assumere di volta in volta lo stesso numero di quelli che vanno in pensione. Dato che non lo hanno fatto ci ritroviamo senza un solo nuovo medico assunto per i pronto soccorso, non un euro per le Case di comunità, non un euro per il personale che dovrà andarci a lavorare. Per quanto ci riguarda - ha poi concluso - noi faremo tutto il possibile e tutto quanto è nelle nostre possibilità per garantire i cittadini della Campania».

Ma qual è la mappa dei piccoli reparti di emergenza a rischio in Campania? A fare fede è il Piano ospedaliero. La classificazione si divide in tre livelli di complessità, quelli più grandi denominati Dea di II e I livello, come il Cardarelli e il San Paolo a Napoli, e i pronti soccorso attivi di base. Di questi ultimi ne troviamo in tutte le province: assorbono un’utenza che ha bisogno di un soccorso e un’assistenza tempestivi ma per codici meno urgenti. In loro assenza ci sarebbe da pensare a un potenziamento delle articolazioni della medicina del territorio (distretti e la medicina di famiglia) anch’essi in affanno. 

Video


Nella Asl di Avellino abbiamo il Landolfi di Solofra e il Criscuoli di S. Angelo dei lombardi, a Benevento il Fatebenefratelli che come l’omologo napoletano è un ospedale classificato religioso. A Caserta ci sono Maddaloni, il Melorio di Santa Maria Capua Vetere, e Piedimonte Matese insieme a Pineta Grande anch’essa privata accreditata. A Napoli resta ben poco da sacrificare: sono già inattivi sia il Loreto sia il San Giovanni Bosco (un Dea di I livello ma senza personale per riattivarlo). Difficilmente si può rinunciare al Cto e all’unità di emergenza della Betania, (struttura religiosa). Discorso simile per la Asl Napoli 2 nord con il Rizzoli di Ischia irrinunciabile e il solo presidio di Frattamaggiore eventualmente sacrificabile mentre Villa dei Fiori di Acerra è accreditata. La Asl Napoli 3? Qui c’è solo il Maresca di Torre del Greco che può sacrificare la prima linea per trasferimenti. Infine il Salernitano: potrebbe contare sui team del Fucito di Mercato San Severino, del presidio di Cava, di Oliveto Citra e Scafati, quest’ultimo già convertito a Covid center ma privato dell’urgenza a causa di un incendio. Una coperta anche qui troppo corta.

Che la situazione sia critica su scala nazionale lo conferma l’Osservatorio di Motore Sanità: «Bisogna raccogliere gli allarmi e le proposte che vengono dalle varie Regioni - avverte Enrico Rossi, ex presidente della Regione Toscana che guida il Centro studi - servirebbe un tavolo comune per affrontare in maniera coordinata i problemi più urgenti. Abbiamo proposto 10 punti di discussione, alcuni condivisi anche da esponenti della maggioranza in parlamento, tra cui la necessità di arrivare al 7 per cento del Pil per la Sanità che può essere raggiunto nel corso dell’anno. Anche il nodo degli adeguamenti contrattuali e retributivi è una priorità». 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA