Sarà pure un concetto vago e “sdrucciolevole”, come è stato detto, eppure la governabilità è un’esigenza istituzionale, oggi imprescindibile nelle democrazie contemporanee. Nei confronti della quale occorre individuare misure e soluzioni per riuscire a ottenerla. Guardiamo quello che sta succedendo nella vicina Spagna. Si è votato tre mesi fa e ancora non si ha una maggioranza e un governo. Il capo dello Stato, nella persona del Re, ha incaricato il leader del partito popolare (Alberto Feijóo), quale vincitore delle elezioni, a formare il governo.
E a presentarsi al parlamento per avere la fiducia della maggioranza. Ha ottenuto 172 voti. Ne servono almeno 176. Non è bastato a fare un’alleanza con la destra di Vox e un paio di partiti nazionalisti, fatta eccezione per quello catalano che invece sarebbe stato decisivo. La Costituzione spagnola (art. 99.3) prevede che il voto di fiducia si debba ripetere a breve distanza, stavolta con la maggioranza semplice. Ma il destino sembra essere già segnato. Se così fosse, anche il leader del partito socialista e attuale capo del governo dimissionario, proverà a ottenere la maggioranza per fare un governo con gli indipendentisti catalani i quali, in cambio, pretendono amnistia per i loro uomini già condannati e un legittimo referendum secessionista. Se dovesse fallire anche questa soluzione politica, allora si andrà nuovamente a votare. Uno scenario che la Spagna ha già vissuto nel 2019: quando nel giro di pochi mesi i cittadini spagnoli andarono a votare due volte, perché non si riusciva a formare una maggioranza parlamentare, e quindi un governo. Si dovette fare ricorso a un governo di minoranza, guidato dal socialista Pedro Sanchez, che è durato un paio di anni e poi si è auto dissolto.
Questa è l’ingovernabilità. Una situazione politica che destabilizza le istituzioni, mortifica la cittadinanza, indebolisce l’economia, favorisce l’apatia elettorale.
Certo, per avere la governabilità occorrono partiti forti, che godono di largo consenso e che sono guidati da leader autorevoli. Occorre altresì un impianto costituzionale che favorisca il determinarsi di un governo stabile e duraturo, legittimato dal voto degli elettori. E che sia in condizione di potere svolgere un’attività di indirizzo politico coerente con il suo programma, sul quale ha ricevuto la fiducia elettorale e parlamentare.
L’impianto costituzionale spagnolo, evidentemente, non rende più bene; sebbene abbia funzionato per un paio di decenni, radicandosi nello schema del bipolarismo destra/sinistra e con capi di governo di rilievo voluti, sia pure non eletti, dai cittadini (per tutti: Felipe Gonzalez e José Aznar). L’assetto costituzionale spagnolo si è logorato, soprattutto a causa delle crescenti istanze secessioniste di alcune comunità, la Catalogna innanzitutto. La difficoltà dei partiti tradizionali a trovare soluzioni a questo problema ha favorito il sorgere di altri movimenti politici (Ciudadanos, Podemos e Vox), che hanno spezzettato il panorama partitico e politico. A danno della governabilità.
Tutto ciò si è manifestato all’interno di una forma di governo parlamentare, paragonabile al cancellierato tedesco, che non consente al cittadino di scegliere, votare ed eleggere il capo del governo e la sua maggioranza.