Cosa insegna la Spagna ancora senza governo

di Tommaso Frosini
Giovedì 28 Settembre 2023, 23:25
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Sarà pure un concetto vago e “sdrucciolevole”, come è stato detto, eppure la governabilità è un’esigenza istituzionale, oggi imprescindibile nelle democrazie contemporanee. Nei confronti della quale occorre individuare misure e soluzioni per riuscire a ottenerla. Guardiamo quello che sta succedendo nella vicina Spagna. Si è votato tre mesi fa e ancora non si ha una maggioranza e un governo. Il capo dello Stato, nella persona del Re, ha incaricato il leader del partito popolare (Alberto Feijóo), quale vincitore delle elezioni, a formare il governo. 

E a presentarsi al parlamento per avere la fiducia della maggioranza. Ha ottenuto 172 voti. Ne servono almeno 176. Non è bastato a fare un’alleanza con la destra di Vox e un paio di partiti nazionalisti, fatta eccezione per quello catalano che invece sarebbe stato decisivo. La Costituzione spagnola (art. 99.3) prevede che il voto di fiducia si debba ripetere a breve distanza, stavolta con la maggioranza semplice. Ma il destino sembra essere già segnato. Se così fosse, anche il leader del partito socialista e attuale capo del governo dimissionario, proverà a ottenere la maggioranza per fare un governo con gli indipendentisti catalani i quali, in cambio, pretendono amnistia per i loro uomini già condannati e un legittimo referendum secessionista. Se dovesse fallire anche questa soluzione politica, allora si andrà nuovamente a votare. Uno scenario che la Spagna ha già vissuto nel 2019: quando nel giro di pochi mesi i cittadini spagnoli andarono a votare due volte, perché non si riusciva a formare una maggioranza parlamentare, e quindi un governo. Si dovette fare ricorso a un governo di minoranza, guidato dal socialista Pedro Sanchez, che è durato un paio di anni e poi si è auto dissolto.
Questa è l’ingovernabilità. Una situazione politica che destabilizza le istituzioni, mortifica la cittadinanza, indebolisce l’economia, favorisce l’apatia elettorale. 
Certo, per avere la governabilità occorrono partiti forti, che godono di largo consenso e che sono guidati da leader autorevoli. Occorre altresì un impianto costituzionale che favorisca il determinarsi di un governo stabile e duraturo, legittimato dal voto degli elettori. E che sia in condizione di potere svolgere un’attività di indirizzo politico coerente con il suo programma, sul quale ha ricevuto la fiducia elettorale e parlamentare.
L’impianto costituzionale spagnolo, evidentemente, non rende più bene; sebbene abbia funzionato per un paio di decenni, radicandosi nello schema del bipolarismo destra/sinistra e con capi di governo di rilievo voluti, sia pure non eletti, dai cittadini (per tutti: Felipe Gonzalez e José Aznar). L’assetto costituzionale spagnolo si è logorato, soprattutto a causa delle crescenti istanze secessioniste di alcune comunità, la Catalogna innanzitutto. La difficoltà dei partiti tradizionali a trovare soluzioni a questo problema ha favorito il sorgere di altri movimenti politici (Ciudadanos, Podemos e Vox), che hanno spezzettato il panorama partitico e politico. A danno della governabilità.
Tutto ciò si è manifestato all’interno di una forma di governo parlamentare, paragonabile al cancellierato tedesco, che non consente al cittadino di scegliere, votare ed eleggere il capo del governo e la sua maggioranza.

E quindi di dare al Paese un governo il giorno dopo le elezioni. Basterebbe una riforma costituzionale, che favorisse il formarsi di governi governabili, che fossero, tra l’altro, responsabili delle scelte che compiono davanti agli elettori. Una riforma costituzionale auspicabile non solo per la Spagna.

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