Napoli, boom di intercettazioni: ​nel 2021 sono costate 12 milioni

Napoli, boom di intercettazioni: nel 2021 sono costate 12 milioni
di Valentino Di Giacomo
Domenica 6 Marzo 2022, 00:00 - Ultimo agg. 16:36
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Oltre la metà delle spese effettuate dalla Procura di Napoli vanno via in intercettazioni: quasi 13 milioni sui 21 milioni utilizzati per il funzionamento della giustizia partenopea. È il dato emerso dal bilancio sociale 2020/2021 redatto dalla Procura in collaborazione con l’università Federico II. Un documento essenziale per rendere sempre più trasparente, anche agli occhi dei cittadini, l’azione della giustizia in città. «È una rivoluzione copernicana - ha notato il procuratore generale Luigi Riello - mostrare ai cittadini i criteri e l’organizzazione degli uffici giudiziari». E infatti, in conclusione dei lavori, il capo della Procura, Giovanni Melillo, ha ricordato di quando da giovane tirocinante accompagnò un magistrato dell’Anm nell’ufficio dell’allora presidente di Corte d’Appello per fare istanza di dotare il tribunale di Castel Capuano di cartelli per indicare i percorsi per raggiungere i vari uffici. «È assurdo - rispose il presidente - dovrei anche dire dove si trova il mio ufficio?», ha raccontato divertito Melillo, mostrando come oggi invece gli uffici della Procura aspirano sempre più a diventare una «casa di vetro».

L’iniziativa si è svolta nel Complesso di San Marcellino della Federico II e, dopo i saluti di benvenuto del rettore Lorito e del sindaco Manfredi, è iniziato un vivace dibattito moderato dalla giornalista rai di “Belve”, Francesca Fagnani. Un esercizio di trasparenza pubblicare in chiaro tutte le attività svolte dalla Procura, offrendo - grazie all’apporto degli esperti della Federico II - uno strumento metodologico fondamentale. Un impegno lodato dal Capo dell’Ispettorato del Ministero della Giustizia, Maria Rosaria Covelli, che ha esortato ad applicare questo «metodo partecipativo anche alla Corte d’Appello e al Tribunale per rendere sempre più edotti i cittadini sul lavoro svolto tutti i giorni». Il tema della spesa per le intercettazioni è stato sollevato dal presidente dell’Unione delle Camere Penali, Giandomenico Caiazza, non per i costi ma per l’invasività e il numero di bersagli intercettati.

Un caso, quello dell’utilizzo delle microspie, che da sempre agita il dibattito anche politico. Lo scorso anno è stata la Dda a fare la parte del leone con le intercettazioni: su quasi 9mila ascolti, 7405 sono stati effettuati dalla Direzione distrettuale antimafia a fronte di 5674 decreti che disponevano di piazzare i dispositivi-spia. 1367 le cimici piazzate dalla Procura ordinaria e 101 quelle dai pm dell’Antiterrorismo. Un tema quello delle intercettazioni che interroga anche sul rapporto tra stampa e procure, con gli uffici partenopei diretti da Melillo molto sensibili a difendere la presunzione d’innocenza degli indagati, come spesso non accade in altri uffici giudiziari. Non solo intercettazioni, ma la Procura ha pubblicato nel bilancio sociale illustrato ieri anche il numero di collaboratori di giustizia utilizzati: sono 432 quelli sotto protezione speciale, di questi 22 sono testimoni di giustizia.

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L’altro tema dolente ha riguardato la velocità dell’azione giudiziaria, eppure - nonostante le piante sotto organico e la straordinaria peculiarità del territorio invaso dalla criminalità comune e organizzata - la Procura partenopea è riuscita a cambiare passo incrementando il numero di smaltimento dei fascicoli. «I tempi lunghi - ha rimarcato il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia - non dipendono solo da noi ma anche dalle risorse. Ma credo che una sapiente organizzazione sa fare tesoro anche delle risorse scarse. Napoli è uno dei territori più difficili, ci sono indici di smaltimento del carico che sono superiori al numero dei fascicoli in entrata e ciò significa che la Procura di Napoli riesce ad essere in attivo nel suo bilancio. Se lo fa la Procura di Napoli in un territorio difficilissimo, credo che con pazienza e con l’impegno di tutti si possa recuperare molto su questo terreno in tutta Italia». Un lavoro riconosciuto sia dal presidente della Camera penale di Napoli Marco Campora che dal presidente dell’ordine degli avvocati Antonio Tafuri, che pure hanno rammentato le difficoltà incontrate durante il picco della pandemia. «L’unico modo per snellire il carico di lavoro dei magistrati - ha riflettuto Campora nel suo intervento - è una diminuzione massiccia dei procedimenti anche ripensando all’obbligatorietà dell’azione penale da parte dei pm».

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A fronte di milioni di euro di spese, la Procura partenopea può comunque vantare - pur essendo improprio ragionare di uffici giudiziari alla stregua di aziende - sull’aver effettuato oltre 200 milioni di euro tra sequestri e confische, oltre ad aver sequestrato più di un milione di euro di redditi di cittadinanza elargiti a beneficiari che non ne avevano diritto. «La credibilità della magistratura - ha chiosato il procuratore Melillo - si gioca sulla capacità di caricarsi sulle spalle il peso della responsabilità per il funzionamento dell’amministrazione della giustizia, di caricarsi sulle spalle il peso della responsabilità della durata del processo, dell’effettività delle garanzie sono questioni che la magistratura non può considerare come altro da sé o condizionate alla quantità e alla qualità delle risorse disponibili».
 

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