Renato Pezzini
Roma. Le ultime «giornate normali» di Sergio Mattarella di normale non hanno più nulla. La passeggiata mattutina dalla chiesa dei Santi Apostoli alla foresteria della Consulta è già un percorso a ostacoli fra telecamere che lo braccano, fotografi appostati a ogni angolo, passanti che lo indicano col dito: «Guarda, quello è il nuovo Presidente». La visita pomeridiana a casa di Giorgio Napolitano in cerca di «utili consigli» è accompagnata dall'assedio dei microfoni con relativo diluvio di domande inevase. E le sue (pochissime) parole - anche quelle di circostanza - vengono vivisezionate, scarnificate.
Inquilino del Colle lo diverrà, ufficialmente, solo domani. Ma già da adesso niente è più come prima. Quando al mattino chiama l'ex presidente Carlo Azeglio Ciampi con l'intenzione di ringraziarlo «per tutto quello che hai fatto» chiude la telefonata così: «Tu puoi capire bene quali siano le mie preoccupazioni». Che sono certamente frutto delle responsabilità che l'aspettano, ma pure della vita che cambia, anche nelle piccole cose. E i vistosi agenti di scorta che gli aprono il varco mentre cammina lungo via Nazionale sono lì a testimoniare l'inevitabile e inesorabile trasformazione.
Per le vie del centro sono già iniziati i preparativi per mettere in sicurezza il percorso presidenziale. Domani dopo il giuramento davanti al Parlamento andrà da Montecitorio all'Altare della Patria, e da qui al Quirinale. Mattarella invece prepara il discorso di insediamento, dove ogni parola dev'essere misurata perché ogni parola verrà poi soppesata. Nelle pause di lavoro prova a mettere il naso fuori dalla foresteria della Consulta, dove abita, per respirare gli ultimi momenti di libertà. Ma è un'illusione.
Di buon mattino la solita Panda grigia lo porta alla chiesa dei Santi Apostoli, dietro via del Corso, per la messa delle 9. E non è un fedele come tutti gli altri. Il parroco lo vede, lo riconosce, dal pulpito gli dedica una benedizione ad personam: «Rivolgiamo fraterni auguri al nuovo Presidente e chiudiamo con la benedizione di San Francesco». Anche un gruppo di suore lo riconosce, a funzione conclusa lo avvicinano, gli stringono la mano, lo convincono a farsi fotografare insieme con loro e con la signora Pina, una barista che lavora in un locale dalle parti del Vaticano.
Finita la messa, la Panda rimane lì dov'è. È scattata l'ora del blocco alle auto, si risale verso il Palazzo della Consulta a piedi. C'è poca gente in giro, il vento è freddo, le strade ancora bagnate, ma non è certo una camminata solitaria. C'è un corteo di almeno una decina di persone che l'accompagna, agenti e collaboratori, e poi il plotone di cacciatori di immagini che lo segue e lo precede. Impossibile, anche per il passante più distratto, non accorgersi che quel signore col cappotto blu e la sciarpa è il nuovo capo dello Stato.
Prima dell'ora di pranzo le agenzie danno notizia di una «lunga e cordiale» telefonata all'ex presidente Ciampi. È il colloquio in cui Mattarella confessa le proprie preoccupazioni per ciò che lo aspetta. E durante il quale, probabilmente, chiede qualche buon suggerimento a un predecessore che ha attraversato il proprio settennato senza intoppi. Oltre a Ciampi, l'altro predecessore ancora in vita è Giorgio Napolitano e, dopo un altro bel po' di ore dedicate alla stesura del discorso, il neo presidente decide di andare a chiedere consigli pure a lui.
Pochi passi, sempre a piedi, dalla Consulta al vicolo dei Serpenti. Dove ci sono già le transenne per scongiurare incontri eccessivamente ravvicinati coi cronisti. Il presidente uscente e il presidente entrante parlano per quasi un'ora, poi quando è ormai buio scendono entrambi per strada, un abbraccio, un saluto, un in bocca al lupo. E al termine di una giornata silenziosa, Mattarella si concede per qualche secondo: «Ho ringraziato Napolitano per quanto ha fatto in questi anni, lui mi ha fatto gli auguri, e soprattutto mi ha dato qualche utile consiglio».
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Renato Pezzini
Roma. Le ultime «giornate normali» di Sergio Mattarella
Lunedì 2 Febbraio 2015, 03:33
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