Il sospetto, fondato, è che Beniamino Zuncheddu sia innocente e che abbia trascorso gli ultimi 32 anni della sua vita in carcere ingiustamente dopo la condanna per un triplice omicidio. La certezza invece riguarda i soliti tempi della giustizia, perché a tre anni dalla richiesta di revisione del processo, la Corte d’Appello di Roma, investita del caso, non è si è ancora pronunciata. Nonostante la richiesta sia arrivata dallo stesso procuratore generale della Capitale Francesco Piantoni. Ieri è arrivato l’ennesimo rinvio: la Corte ha deciso di sentire il testimone chiave della vicenda e sua moglie, figlia di una delle vittime. Ma anche il poliziotto che ha condotto le indagini. Se ne riparla il 13 ottobre, quando si deciderà sull’eventuale sospensione della pena.
LA VICENDA
Tutto comincia l’8 gennaio del 1991, quando in un ovile di Sinnai vengono uccisi tre uomini: Gesuino Fadda, proprietario dell’allevamento, il figlio Giuseppe e il pastore Ignazio Pusceddu.
I DUBBI SUL TESTIMONE
Nel 2017 l’avvocato Mauro Trogu, che difende Zuncheddu avvia le indagini difensive. Due anni dopo, presenta i riassunti in una bozza di richiesta di revisione, al Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Cagliari e al Comando provinciale dei carabinieri di Cagliari, chiedendo l’avvio di nuove indagini per accertare se si potessero individuare altri responsabili degli omicidi per cui era stato condannato Beniamino Zuncheddu. È il 2019 quando le verifiche ripartono e la pg Francesca Nanni decide di risentire Pinna che conferma al magistrato le accuse nei confronti di Zuncheddu. Ma quando poi, quando torna in macchina l’uomo, che non sa di essere intercettato, dice, in sardo, alla moglie: «Mi volevano far dire che Marieddu (il poliziotto) mi ha fatto vedere la fotografia prima. Loro hanno capito che è veramente così, ed è la verità». A questo punto la pg Nanni si convince dell’innocenza di Beniamino Zuncheddu e inoltra alla Corte d’Appello di Roma un’articolata richiesta di revisione così il caso finisce a Roma. Viene concesso un nuovo dibattimento. Il pg romano Francesco Piantoni chiede alla Corte revisione. Ma il tempo trascorre invano, la Corte ordina una perizia sulle intercettazioni in sardo, in tutto sei. Trascorrono sei mesi, ma il lavoro del perito viene ritenuto insufficiente. Si decide intanto che le intercettazioni da esaminare sono 30. E viene incaricato un tecnico per la traduzione delle conversazioni intercettate che scagionerebbero Zuncheddu. Il deposito avviene nel novembre del 2022. Intanto la Corte respinge la richiesta di sospensione della pena avanzata dal legale. E per liberare Beniamino Zuncheddu è stata anche presentata la richiesta di grazia al Capo dello Stato.
Ieri davanti a piazzale Clodio è andata in scena una manifestazione organizzata dal partito Radicale. Presenti Irene Testa, garante dei detenuti in Sardegna, l’avvocato Mauro Trogu, il sindaco di Burcei, Simone Monni, e Gaia Tortora, la figlia di Enzo, simbolo delle vittime della giustizia che sbaglia. «Siamo fiduciosi - ha commentato Irene Testa - la prossima udienza sarà cruciale e siamo sicuri che tutto si svolgerà in tempi rapidi». «Sono già quattro anni che siamo in attesa che la Corte si pronunci sulla scarcerazione di una persona, Beniamino, che è in carcere da oltre 30 anni. Tutti a Burcei sono convinti della sua innocenza. Aspettiamo che anche la giustizia italiana lo riconosca» ha commentato Monni.
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