Fabrizio Piscitelli, l'ex socio Dorian Petoku scappa dal centro di recupero: ora è caccia al “narcos”

Era stato estradato dall’Albania nel 2021

Diabolik, l'ex socio Dorian Petoku scappa dal centro di recupero: ora è caccia al “narcos”
Diabolik, l'ex socio Dorian Petoku scappa dal centro di recupero: ora è caccia al “narcos”
di Valeria Di Corrado e Alessia Marani
Venerdì 8 Dicembre 2023, 00:00 - Ultimo agg. 9 Dicembre, 08:24
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Evaso. Fuggito venerdì dalla comunità terapeutica di Sessa Aurunca, in provincia di Caserta, alla quale nell’ottobre dello scorso anno era stato assegnato. Lui, l’albanese Dorian Petoku, ex socio in affari di Diabolik, accusato di avere lavorato all’importazione di tonnellate di cocaina, era uscito di galera sulla base di una perizia che ne attestava la tossicodipendenza. Sarà un caso. Ma la fuga è avvenuta il giorno dopo che è trapelata la notizia del pentimento di Fabrizio Capogna, esponente di spicco del narcotraffico capitolino che ha deciso di collaborare alle indagini della Procura di Roma sui traffici di cocaina degli albanesi e del gruppo di Leandro Bennato, gruppo in parte coinvolto nell’omicidio del Diablo. 

Petoku ha spezzato il braccialetto elettronico facendo scattare l’allarme collegato con i carabinieri.

Nonostante l’arrivo quasi immediato dei militari, lo straniero aveva già fatto perdere ogni traccia di sé. Sparito nel nulla, probabilmente a bordo di un’auto o di una moto guidata da un complice. I pm romani e il Gico della Finanza stanno indagando per ricostruire con esattezza quei momenti. Le telecamere di sorveglianza della struttura, al momento, non avrebbero restituito immagini utili. Le modalità fanno, però, pensare a un piano ben studiato e che, forse, è solamente scattato in anticipo sulla spinta delle rivelazioni del pentito. Con lui a Sessa Aurunca, del resto, ci sono altre vecchie conoscenze, nomi noti della mala romana, alcuni del suo stesso sodalizio. Tra questi Kevin Di Napoli, l’ex pugile di Ostia al soldo delle potenti bande dei narcos del litorale. Ma di che cosa ha paura “Dori”? Forse di finire nel mirino di feroci vendette incrociate scatenate dai verbali riempiti da Capogna davanti agli inquirenti?

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Di sicuro, non fu facile nemmeno portarlo in carcere dopo l’arresto e la condanna a 12 anni nell’ambito della maxi-inchiesta sul narcotraffico “Grande Raccordo Criminale” del 2019: rifugiato in Albania, ci vollero due anni per ottenerne l’estradizione. Ora l’albanese è di nuovo ricercato non solo in Italia ma anche all’estero, soprattutto nel Paese d’origine, avvalendosi di documenti falsi. 

Come molti altri narcos della Capitale aveva agguantato il suo posto in uno dei tanti centri di recupero per tossicodipendenti grazie a certificati medici che ne attestano la dipendenza. Nonostante, nel suo caso, la Procura di Roma avesse dato 4 pareri negativi. Cosa che non ha impedito al gip di disporne prima il ricovero con braccialetto elettronico in una comunità di Morlupo, la “Punto linea verde onlus”, chiusa nel frattempo dai carabinieri per violazioni amministrative, poi nella struttura casertana “Il Rifugio” appartenente allo stesso circuito.

La scalata criminale di Petoku, originario di Lezhe, cittadina nel Nord Ovest dell’Albania, parte dalla borgata di Acilia all’ombra del cugino Arben Zogu, detto “Riccardino” o “Ricky” a capo della cosiddetta batteria di Ponte Milvio al soldo dei napoletani, e figura nota degli Irriducibili della Curva Nord laziale capeggiata da Diabolik. “Dori” dopo l’arresto di Zogu per traffico di droga in compagnia di Marco Turchetta, “Orso” (anche lui finito in comunità), altro Irriducibile amico fraterno di Piscitelli, e di Salvatore Casamonica, nell’inchiesta “Brasile low cost”, ne avrebbe ereditato il business. Un’ascesa folgorante della quale si faceva vanto in strada e sui social ostentando orologi preziosi al polso, macchine di lusso e vestiti griffati.

IL PROVVEDIMENTO

Nel provvedimento che lo ha affidato alla comunità il giudice Paolo Andrea Taviano spiega che l’albanese non ha avuto comportamenti “censurabili” nel corso della sua (breve) detenzione e che i suoi tessuti piliferi confermano l’assunzione di cocaina. Ma, considerato che era da tre anni in carcere (due in Albania e uno in Italia), è difficile comprendere come dopo tutto quel tempo ci fosse ancora traccia di droga nei tessuti. Lo stratagemma per eludere il carcere? Segnarsi in uno dei Sat, Servizi di assistenza tossicodipendenti delle Asl per avere un certificato. Tra coloro che hanno usufruito del “beneficio” il boss Ugo Di Giovanni che dalla comunità continuava a gestire i traffici e a ricevere i collaboratori, lo stesso Leandro Bennato (protagonista di una rocambolesca evasione da “Villa Lauricella”). Nella comunità “Il Merro” è morto nel marco del 2022 Marco Esposito, detto “Barboncino”, boss emergente del litorale. Infine, l’albanese Elvis Demce fu sorpreso mentre con il pretesto di sottoporsi a visite psichiatriche, intratteneva nell’ospedale San Giovanni summit di mala.

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