Giampaolo Amato resterà ancora dietro le sbarre del carcere bolognese della Dozza. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame, che ha respinto la richiesta di scarcerazione presentata dagli avvocati dell'ex medico della Virtus Pallacanestro Bologna, fermato lo scorso 8 aprile con l'accusa di aver assassinato la moglie, Isabella Linsalata. Da quel giorno, il medico 64enne si trova in custodia cautelare nel penitenziario bolognese.
La richiesta di scarcerazione per Amato era stata avanzata nei giorni successivi all'esecuzione del provvedimento di fermo nei suoi confronti.
I giudici hanno però rigettato la richiesta, ritenendo invece plausibili le motivazioni dell'accusa, secondo cui la custodia cautelare in carcere era necessaria per due motivi: il possibile rischio di contaminazione delle prove e il rischio di un'ulteriore ritorsione nei confronti della sua amante, la donna che lo aveva lasciato dopo aver saputo dell'inchiesta aperta dalla Procura di Bologna.
Il verdetto del Tribunale del Riesame era atteso dallo scorso 21 aprile, data dell'ultima udienza, al termine della quale i giudici si erano riservati la decisione. I difensori di Amato ora attendono le motivazioni rese dai giudici, che saranno depositate in cancelleria nei prossimi giorni, per poi tracciare una linea difensiva.
Due anni di indagini
Secondo il Pm Domenico Ambrosino, che guida le indagini, la sera del 31 ottobre 2021 Linsalata era stata uccisa, all'età di 62 anni, tramite un mix di farmaci letale somministrato di proposito dal marito. Questo il quadro emerso dagli accertamenti medico-legali sul cadavere della donna, secondo cui le sostanze psicotrope erano state forse diluite da Amato in una tisana.
Con una modalità simile, il medico potrebbe aver ucciso anche la suocera, morta 22 giorni prima della figlia. Gli esiti medico-legali su questo secondo caso sono da intendersi «come preliminari e necessitanti di indagini di conferma», stando a quanto evidenziato dal Gip, pur segnalando che le analisi sono «risultate positive a Midazolam ed al suo metabolita: due sostanze del tutto simili a quelle che hanno provocato la morte della figlia. Amato rischia quindi di essere rinviato a giudizio, con due capi di accusa per omicidio volontario premeditato.