Messina Denaro, l'architetto (che gestiva i fondi del Pnrr) e il tecnico radiologo: arrestati gli "insospettabili" fiancheggiatori del boss. La Procura: «Attorno a lui ancora omertà»

Massimo Gentile e Cosimo Leone, insieme a Leonardo Gulotta, accusati di associazione mafiosa

Messina Denaro, l'architetto (che gestiva i fondi del Pnrr) e il tecnico radiologo: arrestati gli "insospettabili" fiancheggiatori del boss. La Procura: «Attorno a lui ancora omertà»
Mercoledì 27 Marzo 2024, 09:26 - Ultimo agg. 28 Marzo, 08:55
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Nuovo colpo alla rete che ha protetto Matteo Messina Denaro durante la latitanza. I carabinieri del Ros hanno arrestato per associazione mafiosa l'architetto Massimo Gentile e il tecnico radiologo dell'ospedale di Mazzara del Vallo Cosimo Leone e per concorso esterno in associazione mafiosa Leonardo Gulotta.

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Messina Denaro, l'inchiesta sui fiancheggiatori

L'inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall'aggiunto Paolo Guido e dai pm Gianluca De Leo e Piero Padova. Dalla cattura del boss, avvenuta il 16 gennaio del 2023, sono finite in manette 14 persone accusate di aver aiutato il capomafia ricercato. Quattro sono già state condannate.

Chi è Gentile

Originario di Campobello di Mazara, il paese in cui Messina Denaro ha trascorso gli ultimi anni di latitanza, Gentile vive a Limbiate, in provincia di Monza, e ricopre un incarico amministrativo al Comune.

Gestiva decine di progetti finanziati con il PNRR. Avrebbe prestato a Messina Denaro la sua identità per avere falsi documenti consentendogli di acquistare un'auto e una moto. L'indagato è parente di Salvatore Gentile, killer ergastolano, marito dell'amante storica di Messina Denaro Laura Bonafede.

Secondo gli inquirenti, tra il 2007 e il 2017, l'architetto avrebbe ceduto più volte la sua identità al capomafia ricercato, consentendogli così di acquistare una Fiat 500 e una moto Bmw, di stipulare l'assicurazione sui due mezzi, di compiere operazioni bancarie, «insomma - scrivono i magistrati - di vivere e muoversi nel suo territorio come un cittadino qualunque e con un apparentemente regolare documento di riconoscimento».

Chi è Leone

A Cosimo Leone, cognato di Gentile, i pm contestano di aver garantito al boss latitante, a novembre del 2020, di fare in sicurezza una Tac al torace e all'addome, di avergli consegnato un cellulare riservato durante il ricovero all'ospedale di Mazara del Vallo, nei giorni in cui il capomafia venne operato di tumore al colon e di avergli fatto recapitare dopo le dimissioni il cd della tac da mostrare agli specialisti che lo avevano in cura. Leone sarebbe stato, dunque, per Messina Denaro «oltre che un indispensabile tramite con l'esterno durante l'intero periodo di degenza, anche un importantissimo punto di riferimento all'interno dell'ospedale».

Chi è Gulotta

Gulotta, infine, è accusato di aver messo a disposizione di Messina Denaro, tra il 2007 e il 2017, la propria utenza telefonica per poter ricevere comunicazioni dal rivenditore della Fiat 500 acquistata sotto falso nome e dalle agenzie assicurative presso le quali erano state stipulate le polizze per la macchina e la moto comprate con l'identità di Gentile.

«Ancora omertà»

Ancora oggi, a distanza dì pochi mesi dalla morte di Matteo Messina Denaro, una totale omertà «avvolge come una nebbia fittissima tutto ciò che è esistito intorno alla sua figura, ai suoi contatti, ai suoi spostamenti ed alle relazioni che ha intrecciato nei lunghi anni di clandestinità». È la dura accusa lanciata dalla Procura di Palermo guidata da Maurizio de Lucia che indaga sulla rete di fiancheggiatori del boss. Oggi ne sono stati arrestati altri tre. 

«Si tratta di un'omertà trasversale - spiegano i magistrati - che di fatto, allo stato, ha precluso agli inquirenti di avere spontanee notizie anche all'apparenza insignificanti: nessun medico, operatore sanitario o anche semplice impiegato di segreteria che abbia avuto contatti con Messina Denaro Matteo (alias Bonafede Andrea), ha ritenuto di proporsi volontariamente per riferire ai magistrati o alla polizia giudiziaria di essersi occupato, a qualsiasi titolo, del latitante o comunque rivelare quanto appreso direttamente, o anche solo indirettamente, sulle cure prestate all'importante capo mafia».

I pm parlano dell'esistenza «di una vasta, trasversale e insidiosissima rete di sostegno, ancora in minima parte svelata, che ha consapevolmente supportato le funzioni di comando del Messina Denaro, consentendogli una latitanza sul territorio, con documenti, auto e moto, esami clinici e contatti nel mondo sanitario».

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