Svolta occupazioni. «Proprietari delle case vannno sempre risarciti», i giudici: non servono le prove

La Cassazione ha stabilito che il danno sussiste anche se il bene non viene usato

Svolta occupazioni. «Proprietari delle case vannno sempre risarciti», i giudici: non servono le prove
Svolta occupazioni. «Proprietari delle case vannno sempre risarciti», i giudici: non servono le prove
di Valentina Errante
Lunedì 27 Novembre 2023, 01:39 - Ultimo agg. 20:22
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Da Nord a Sud la decisione potrà riguardare tutti i proprietari degli immobili occupati e costituire una svolta in materia di risarcimenti. Perché la Cassazione ha scritto nero su bianco che «va cassata» una decisione della Corte d’appello civile di Trieste, che aveva negato il risarcimento alla società proprietaria di un bene occupato abusivamente. 


I giudici hanno disposto un nuovo appello perché venga calcolato e liquidato il risarcimento, sottolineando che l’impostazione secondo la quale il danno da occupazione illegittima è superato quando si accerti che il proprietario si è intenzionalmente disinteressato dell’immobile (circostanza desumibile dalla mancata presentazione di elementi che dimostrassero la volontà di affittarlo, utilizzarlo, o venderlo) non regge.

I proprietari del bene, secondo gli Ermellini, non avevano motivo di produrre prove che attestassero il danno subito. La società titolare dell’immobile, tra l’altro, aveva nel suo oggetto sociale la locazione di immobili e, a prescindere dall’uso che ne avrebbe fatto, il proprietario, spiegano, ha comunque «perduto il diritto di godimento» del bene. E così viene sancito il principio che sussiste comunque un danno che deve essere risarcito. 

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IL RICORSO
I proprietari si erano rivolti alla Cassazione contestando che la Corte di merito, pur affermando che il danno fosse da considerarsi «in re ipsa», ossia da una condotta è intrinsecamente generatrice di un pregiudizio per il patrimonio del danneggiato e dalla quale dovrebbe derivare un rimedio risarcitorio imprescindibile per la tutela della parte offesa, che non ne deve fornire specifica dimostrazione, aveva affermato una «carenza probatoria in merito all’interesse dei proprietari rispetto alla sussistenza di un diverso utilizzo fruttifero dei medesimi, incorrendo in un manifesto errore di interpretazione della giurisprudenza più recente in materia, con conseguente contraddizione».
I giudici si rifanno a una recente pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione che un anno fa erano intervenute per sanare un contrasto insorto fra la Seconda e la Terza Sezione civile circa i presupposti richiesti e i limiti entro cui è possibile procedere al risarcimento del danno in caso di occupazione abusiva, hanno chiarito come «nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto mediante concessione ad altri dietro corrispettivo, che è andata perduta». Non solo. Se il danno da perdita per il quale viene chiesto il risarcimento non può essere provato nel suo «preciso ammontare» deve comunque essere liquidato dal giudice con una valutazione basata sul parametro dei canoni di locazione del mercato.

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IL DISINTERESSE
La Corte d’appello di Trieste, sottolinenano i giudici, «Ha ritenuto ostativa all’accoglimento della domanda risarcitoria l’emergenza dagli atti di un “intenzionale disinteresse” da parte dei proprietari a sua volta desunto dalla mancanza di allegazioni e prove in merito alla possibilità o volontà di locare o utilizzare i posti auto, a tal fine avendo ritenuto anche irrilevante la circostanza che la società avesse nel suo oggetto sociale la locazione di immobili». Per questo va bocciata.

E spiegano: «Appare invero evidente - si legge nella sentenza - che in tal modo, contraddicendo la premessa, avallata dalle Sezioni Unite, dell’esistenza di un “danno presunto” derivante dalla compressione del diritto di godimento, diretto o indiretto, dell’immobile, la Corte di merito ha ritenuto necessaria, pur in mancanza di specifica contestazione da parte del convenuto (della quale invero non si fa cenno in sentenza), l’allegazione e la prova di specifici elementi idonei a dimostrare una fattiva e concreta volontà di locare l’immobile ed anche la quantificazione del danno» che invece secondo le Sezioni Unite «è suscettibile di “valutazione equitativa, nel caso, mediante il parametro del canone locativo di mercato». 


Quindi non è necessaria la prova di un danno concreto e risulta irrilevante, al fine di negare il danno, sostenere un intenzionale disinteresse dei proprietari in merito alla possibilità o volontà di un utilizzo economico del bene.
La Cassazione conclude: «La sentenza va pertanto cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, perché riesamini la controversia alla luce dei principi enunciati dalla citata pronuncia». Il nuovo giudice, oltre a quantificare il danno, dovrà anche regolare le spese della controversia davanti alla Cassazione. 
 

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