Renzi, i 12 senatori che lo seguono dal Pd. Conzatti da Fi a Italia Viva

Pd, ecco i senatori che passano a Italia Viva. Arriva Conzatti da Forza Italia
​Pd, ecco i senatori che passano a Italia Viva. Arriva Conzatti da Forza Italia
Mercoledì 18 Settembre 2019, 16:49 - Ultimo agg. 19 Settembre, 13:01
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Ecco i senatori che passano a Italia Viva. Matteo Renzi porta in Italia viva 12 senatori. Lasciano infatti il Pd oltre all'attuale ministro per le politiche agricole Teresa Bellanova i senatori: Francesco Bonifazi, Eugenio Comincini, Leonardo Grimani, Giuseppe Cucca, Davide Faraone, Nadia Ginetti, Ernesto Magorno, Laura Garavini, Valeria Sudano, Mauro Maria Marino e Daniela Sbrollini.

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L'accelerazione impressa da Matteo Renzi al varo del nuovo partito, provoca un analogo colpo di acceleratore da parte di Nicola Zingaretti sul cammino di ridefinizione del profilo del Pd: il segretario Dem ha incontrato tutti i sindaci Pd, tra cui tutti quelli renziani rimasti nel partito, e li ha indicati come «protagonisti» del rilancio. Renzi ha lanciato i gruppi parlamentari alla Camera e al Senato, ed ha inviato segnali di distensione sia all'ex partito che al governo, garantendo l'impegno per la tenuta della legislatura. Zingaretti in una intervista al Corriere della Sera ha ribadito il suo «dispiacere» per la scissione di Renzi, ma ha anche ammesso: «un pò me lo aspettavo». Insomma per certi versi se il dente doveva essere estratto, meglio farlo subito che andare avanti con logoranti annunci fino alla Leopolda.

Qui, ha confermato Renzi, Italia Viva presenterà il simbolo e la sua struttura. L'ex premier ha spiegato che ci sarà un «segretario» che parteciperà agli eventuali vertici di maggioranza al posto suo, se gli alleati lo considereranno «ingombrante». In giornata sono stati resi noti i numeri dei gruppi di Italia Viva in Senato (al momento 14 con la ex Fi Donatella Conzatti) e 23 alla Camera. Questi numeri potrebbero crescere con l'adesione di parlamentari provenienti da altri gruppi. La volontà di entrambi di non esacerbare i rapporti è dimostrata dalle parole misurate di Zingaretti e dalle promesse di Renzi: «Non mi tireranno fuori mezza parola contro Nicola che è un amico. Non esco dal Pd con rancore, odio e antipatia». In giornata sono girate su Whatsapp delle fake news miranti a avvelenare il clima, smentite subito, così come post su siti di gossip. L'intento di Renzi, d'altra parte è divenire il frontman della battaglia contro Salvini, così da guadagnare la leadership del fronte democratico anti-sovranista.

La polemica con il Pd è quindi esclusa. L'operazione di Renzi viene bocciata da padre Bartolomeo Sorge mentre padre Padre Francesco Occhetta di Civiltà Cattolica lascia il beneficio dell'inventario: «Se Renzi innoverà temi, metodo, linguaggi e volti, sarà valore e argine per tutta l'area democratica liberale e riformista». Zingaretti non è stato con le mani in mano. Da una parte ha ribadito l'intenzione di dialogare anche a livello regionale con M5s, compreso il Lazio. Dall'altro ha dato segnali al Partito, convocando lunedì prossimo la Direzione, di cui fanno parte molti dirigenti locali. Qui esporrà il suo piano per il rilancio del Pd, che passa per un'azione di governo innovativa, ma anche attraverso una profonda ridefinizione del partito. Le sedi dei circoli dovranno essere a disposizione anche di associazioni e iniziative esterne presenti sul territorio.

In più verranno promosse forme di partecipazione tramite il web, per esempio su singole campagne che il Pd promuoverà o appoggerà. L'obiettivo è superare il partito delle correnti e al contempo creare una nuova base sociale partecipata del Pd. L'altra gamba del rilancio sono i sindaci, incontrati nel pomeriggio: tra essi tutti i renziani rimasti nel Pd, come Dario Nardella, Giorgio Gori o Matteo Ricci. A loro ha chiesto di essere «i protagonisti della nuova stagione». Significativa la conferma a capogruppo in Senato di Andrea Marcucci, uno dei renziani rimasti che ha ribadito di credere al progetto del Pd. Marcucci ha messo a disposizione l'incarico venendo però confermato dai senatori Dem con l'assenso di Zingaretti, il quale tenta così di allargare la «maggioranza» interna a Base Riformista, l'area una volta vicina a Renzi.
 
 

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