Due anni e quattro mesi di reclusione, con l'accusa di omicidio colposo. È la richiesta della Procura di Roma a carico di Flavio Mezzanotte, il dipendente Atac che nel luglio 2015 aveva provato a liberare una mamma e il suo bimbo di 4 anni rimasti intrappolati nell'ascensore della metro di Furio Camillo. Il piccolo Marco era precipitato nella tromba dell'ascensore durante la manovra di salvataggio. Per l'accusa, non quella manovra «non spettava a Mezzanotte, non formato per quel tipo di interventi che spettano a tecnici qualificati». La sentenza arriverà, casualità, il 9 luglio, a sei anni esatti dalla tragedia.
In aula l'imputato ha voluto approfittare della discussione per rendere davanti al giudice spontanee dichiarazioni: «Ci tengo a dire che ho agito perché noi operatori di stazione in casi pericolosi possiamo intervenire da soli senza aspettare i tecnici.
E sulla questione contestata di non aver avvisato Francesca Giudice, la mamma del piccolo precipitato, ha aggiunto: «Ho sempre avvertito la signora con il microfono, che era provata dalla situazione, del mio intervento e quando sono arrivato le ho detto di stare lontana dalla porta. E poi tutti i miei colleghi sapevano della mia operazione e nessuno mi ha fermato, segno che potevo fare ciò che ho fatto».
Le parti civili si sono aggiunte alla posizione dell'accusa sostenendo che l'intervento dell'imputato è stato «improvvido e intempestivo». E hanno chiesto la condanna e il risarcimento del danno, cifre che poi il giudice deciderà in base alle tabelle previste dal tribunale di Roma. I legali del nonno del bambino hanno invece chiesto una provvisionale di 50.000 euro. Si sono costituite parte civile a processo anche l'Atac e la propria compagnia di assicurazione, e i legali hanno escluso ogni responsabilità dell'azienda perché «aveva posto tutte le tutele del caso». Quello di Mezzanotte, secondo i legali dell'azienda del trasporto romano, è un gesto «frutto di impulso personale e generosità».
Per la difesa l'imputato ha operato con le mansioni che era abituato a svolgere e ha agito per necessità. Quindi ha chiesto l'assoluzione e l'estromissione dal processo dell'Atac e della propria compagnia di assicurazione perché colpevole di non aver formato i lavoratori.