«Simona uccisa da un conoscente»
Procura: omicidio volontario

Simona Riso
Simona Riso
Lunedì 4 Novembre 2013, 08:07 - Ultimo agg. 13:38
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di Mauro Evangelisti e Raffaella Troili -

Hanno detto addio a Simona ma ripetono disperati: E’ stata uccisa, ammazzata di botte, da qualcuno che conosceva. E quell’assassino è ancora libero». I familiari di Simona Riso, 28 anni, non hanno mai avuto dubbi. La ragazza di origini calabresi, mercoledì alle 7 del mattino è stata trovata esanime nel cortile del retro della palazzina in cui abitava in via Urbisaglia, quartiere San Giovanni. Tre ore dopo è morta in ospedale. Da allora è iniziato il giallo. Inizialmente i carabinieri hanno ipotizzato il suicidio ma il fratello di Simona, Nicola Riso, ha attaccato subito questa tesi: «L’autopsia lo dimostra, Simona aveva lesioni importanti al bacino e a una costola, è morta per insufficienza respiratoria. Non dite che ha tentato il suicidio, Simona è stata pestata di botte». A rendere più cupo, drammatico il giallo la frase che Simona agonizzante, ha pronunciato in ambulanza: «Sono stata violentata». Ma sia gli esami all’ospedale San Giovanni, sia l’autopsia conferma: non c’è stata violenza sessuale. «Però quella ragazza aveva la maglietta alzata», racconta la vicina che per prima ha visto il corpo. «Simona è stata aggredita, forse hanno tentato di violentarla, in stato confusionale deve aver pronunciato quella frase», spiega l’avvocato Sebastiano Russo che assiste la famiglia. Gli investigatori non sottovalutano i problemi di depressione e anoressia di Simona, anche se il fratello s’indigna, perché «mia sorella - ripete - aveva superato quella fase, stava bene e aveva un lavoro che amava in un hotel. E’ assurdo pensare che abbia tentato il suicidio. Poco prima delle 5, appena sveglia, come sempre si era sentita al telefono con la madre, ed era serena».

I FUNERALI

Ieri si sono svolti i funerali nel paese d’origine di Simona - in una chiesa colma di gente, a San Calogero, provincia di Vibo Valentia - la cugina ha letto una lettera: «Non cerchiamo vendette. Ciò che vogliamo è solo giustizia». Il pubblico ministero Attilio Pisani ora indaga per omicidio volontario: si cerca un killer, anche non si esclude nessuna altra pista - dal suicidio alla caduta accidentale. E allora bisogna tornare a mercoledì, entrare nella casa di Simona, in una bella palazzina liberty. In un appartamento al seminterrato che divideva - come fanno tanti giovani a Roma - con il cugino e due ragazzi francesi in Italia per l’Erasmus. Alle 4.41 c’è l’ultima traccia su Whatsapp di Simona, poi parla per un quarto d’ora al telefono con la madre che la chiama dalla Calabria per svegliarla. Simona deve prendere servizio all’Hotel Ibis, all’Eur, alle 7: è un lavoro che ama, perché ha studiato le lingue e lì può usarle, parlando con i turisti di tutto il mondo. Le foto su Facebook, lei bellissima ragazza bruna e gracile, sembrano cancellare quel passato difficile, in cura per anoressia dopo una storia d’amore finita. Eppure, Simona in hotel non arriverà mai. Dopo la telefonata con la madre, inizia il buco nero. Anche se ora qualche vicino, dice di avere udito dei lamenti, «come dei pianti» e un ticchettio «come se qualcuno volesse chiedere aiuto». Solo verso le 7 una signora si affaccia e vede il corpo, quasi immobile, di Simona, jeans e maglietta alzata. Si trova nel retro, non verso il cancello d’uscita, ma sotto una camelia, lo sguardo al cielo, in fin di vita, in un angolo cieco. I carabinieri non escludono che si sia buttata da un terrazzo aperto a tutti dal quarto piano della palazzina, ma i familiari invitano a cancellare questa ipotesi: «Le fratture riscontrate dall’autopsia non sono compatibili con una caduta di quel tipo - dice l’avvocato Russo - invece è probabile che sia stata portata lì dal suo assassino. Era qualcuno che conosceva, per questo non ha avuto il tempo di difendersi. E forse l’aspettava sul pianerottolo, l’ha scaraventata per le scale, ha infierito su di lei».

L’OSPEDALE

Alle 7.15 Simona arriva al pronto soccorso del San Giovanni, l’indagine sta valutando anche l’operato dei medici perché, dopo che la ragazza aveva sussurrato d’essere stata violentata, c’è il timore che sia stata data la precedenza alla visita ginecologica ritardando l’intervento sulle gravi lesioni. La Regione Lazio ha chiesto una relazione alla direzione dell’ospedale ma i medici del San Giovanni informalmente ribattono: nessuna sottovalutazione, abbiamo fatto il massimo. In ospedale la morte di Simona è stata una doccia fredda, davanti a quella ragazza esile, sfiancata, con il bacino fratturato, che alle 10 smette di vivere, qualcuno si commuove, i medici sono tutti convinti che sia stata vittima di un’aggressione. I Ris (la scientifica dei carabinieri) hanno passato al setaccio l’appartamento; sono state acquisite telecamere nella zona, interrogati coinquilini, vicini, amici; si stanno scandagliando le tracce lasciate su Facebook e Whatsapp da Simona. Ma Nicola Riso, il fratello della vittima, ripete: «Bisognava cominciare prima, all’inizio hanno pensato che si fosse suicidata. Ma Simona voleva vivere».

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