La giovane stuprata a Palermo adesso alza la voce. Lo fa sui social, dove ha ricevuto tanti messaggi d'affetto, ma anche tante accuse. «Non giudicate una stuprata», ha scritto a chi l'accusa affermando che, quella violenza orribile, sia in qualche modo anche colpa sua e dei suoi atteggiamenti. Non appena i nomi dei sette indagati sono diventati di dominio pubblico, i social hanno cominciato a ribollire. Insulti e minacce di morte.
Nel calderone ci è finita anche l'amica della vittima, che quella sera era con lei. «L'hai lasciata da sola, potevi salvarla», le scrivono.
La 19enne che ha subìto la violenza, oltre agli insulti social - già gravissimi - avrebbe ricevuto anche minacce da familiari degli indagati, riporta il Corriere della Sera. Le famiglie di Angelo Flores, il più grande dei sette che aveva nel suo cellulare il video dello stupro, di Gabriele Di Trapani e di Christian Barone, vivono nello stesso quartiere della giovane.
La ragazza «raggiunta, seppure indirettamente, da espresse minacce di morte da parte di persone vicine agli indagati, che le hanno fatto sapere di essere pronte a gesti violenti nei suoi confronti». E nonostante ciò, non ha lasciato la sua casa. «Capita che con le giovani vittime di abusi si instaurino rapporti particolari – spiega uno degli investigatori che si è occupato della vicenda — e che le ragazze si rivolgano a noi per consigli e problemi».
«Cara ragazza, anonima, di Palermo, sono il padre della vittima del noto stupro di Capodanno di Roma, e scrivo per appoggiarti. Devi reagire contro chi, sui social, ha farneticato che a una come te è normalè che capiti. Ma ti scrivo anche per avvertirti: sei sola, perché gli altri non comprendono». Lo scrive in una lettera, riportata da 'la Repubblica', il padre della ragazza vittima dello stupro di Capodanno a Roma alla 19enne violentata dal branco a inizio luglio a Palermo.
«Vittima di uno stupro di gruppo? La gente non capisce. Prendo quindi la penna, sei tu che mi hai dato il coraggio. Scrivo per spiegare anche per te a tutti — a ognuno di noi se pensa 'ma in fondo se l'è volutà — il calvario di un essere spezzato nella sua dignità - sottolinea - I legali sconsigliano questa testimonianza inutile al processo, ma non abbiamo scelto di denunciare per dei vantaggi, magari economici, che non ci saranno se gli imputati non sono attori di Hollywood. Il prezzo da pagare a esporsi in un processo per stupro è enormemente superiore a ogni possibile vantaggio personale: si fa per le figlie e i figli di tutti gli altri, in un mondo che consiglia il silenzio perché è una macchia essere vittime».