Bruxelles, Abrini: volevamo colpire ancora Parigi

Abrini
Abrini
di Francesca Pierantozzi
Domenica 10 Aprile 2016, 11:13 - Ultimo agg. 11 Aprile, 10:08
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La rete, almeno per ora, è spezzata. Con Mohamed Abrini e Osama Krayem, arrestati venerdì e incolpati ieri di terrorismo dalla procura belga, l'elenco dei nomi noti della cellula che ha fatto strage a Parigi e Bruxelles è arrivato quasi in fondo: tredici terroristi sono morti, 19 sono in carcere. Una trentina di persone: è il gruppo che formava il primo cerchio, il secondo, e parte del terzo, kamikaze, organizzatori, fornitori, fiancheggiatori, basisti. Ma non è finita. In giro c'è ancora il terzo uomo che Salah Abdeslam andò a prendere a ottobre Ulm con Abrini e Amine Choukri (arrestato con lui il 18 marzo). Sarebbe in fuga, e potrebbe avere lui il borsone riempito di esplosivo che Krayem portava sulle spalle alla stazione della metro di Petillon il 22 marzo.

Accanto a lui, le telecamere di sorveglianza hanno ripreso Khalid el-Bakrahoui: ha una sacca identica, la stessa che farà esplodere qualche minuto dopo a Maelbeek. Una perquisizione condotta ieri nel cuore del quartiere di Ettekem, rimasto blindato per ore, non ha dato nessun risultato. E poi restano le connessioni con la criminalità. Resta la rete di amici-complici del quartiere, a Molenbeek, a Schaerbeek, Anderlecht, Laeken. Resta un numero indeterminato di cellule dormienti, composte soprattutto di membri con falsi passaporti, molti arrivati - o tornati dopo un periodo di addestramento in Siria - in mezzo ai migranti. Abaaoud aveva parlato di una «novantina» di persone pronte a colpire.

LA PRIMA VOLTA
Per la prima volta, con Salah Abdeslam, dei terroristi che hanno partecipato direttamente a degli attacchi, vengono presi vivi. Con Abrini e Krayem altri quattro sono stati fermati venerdì, due (una coppia) sono stati rilasciati, due arrestati con l'accusa di partecipazione ad azioni terroriste: Bilal el Makhoukhi, un belga già condannato nel processo del gruppuscolo radicale ShariaBelgium a Anversa, e Hervé B. M., ruandese, che avrebbe aiutato Salah Abdeslam a nascondersi durante la sua fuga.
 
Resta da vedere se Abrini parlerà. E quanto. Per ora ha ammesso di essere lui «l'uomo col cappello», il terzo uomo accanto a Ibrahim El Bakraoui e Naijm Laachaoui, che il 22 marzo si sono fatti esplodere all'aeroporto di Zaventem. La procura lo ha confermato ieri: «siamo in grado di confermare che Mohamed Abrini è il terzo uomo presente all'aeroporto al momento degli attentati. E' stato confrontato con i risultati di diverse perizie e ha riconosciuto lui stesso la sua presenza al momento dei fatti». Abrini ha detto agli inquirenti di aver buttato «il giaccone bianco in un cestino dei rifiuti e di aver venduto il cappello». Secondo il giornale belga L'Echo, Abrini ha detto anche altro: i due commando che il 22 marzo hanno colpito all'aeroporto e nella metro di Bruxelles, erano in realtà pronti ad attaccare di nuovo a Parigi, a ripetere il 13 novembre. I piani sono stati cambiati perché, secondo quanto avrebbe dichiarato Abrini, dopo l'arresto di Salah Abdeslam «l'inchiesta belga stava avanzando troppo velocemente». Gli attacchi del 22 marzo (32 morti e centinaia di feriti) sarebbero stati quasi improvvisati.

Se la procura ha confermato che Krayem è il secondo uomo nella metro e anche quello che ha acquistato tutti i borsoni poi riempiti di esplosivo, il suo arresto conferma anche la ramificazione svedese della rete jihadista franco-belga.

I VIAGGI IN SIRIA
Residente in Svezia era Mohamed Belkhaid, l'algerino ucciso dalla polizia nel covo di Forest da cui Salah è riuscito a scappare, mentre aveva un falso passaporto belga Taymour Abdel, uno svedese nato in Iraq che nel 2010 si era fatto esplodere in una strada di Stoccolma. Figlio di siriani esiliati in Svezia, Krayem è cresciuto a Rosengard, la stessa periferia di Malmö che ha visto crescere Zlatan Ibrahimovic. La storia di Krayem è uguale a quella dei suoi complici di Molenbeek: prima un passato di criminalità, poca religione, molti furti, spaccio, ragazze e discoteche, e poi un'improvvisa radicalizzazione, la partenza per la Siria e poi il ritorno, il 20 settembre, attraverso l'isola di Leros. Stesso tragitto di Amine Chouckri, di Abdelamid Abaaoud, di almeno due dei kamikaze dello Stade de France. Il cerchio si chiude, sul 13 novembre e il 22 marzo.

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