«Tipping point» nel cambiamento climatico: perché dobbiamo preoccuparci

Berti (Ultima Genarazione): «Emergenza climatica, non è un momento di passaggio»

Scioglimento dei ghiacciai
Scioglimento dei ghiacciai
di Clara Lacorte
Martedì 16 Gennaio 2024, 10:45 - Ultimo agg. 11:01
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A che punto siamo con il cambiamento climatico?
Fatta eccezione dei momenti in cui il nostro Paese versa in una situazione d’emergenza, come è successo nel caso dell’alluvione in Emilia Romagna, parlare della crisi climatica non è certo sempre una priorità dei giornali o dei nuovi media. Non è così frequente, infatti, trovare articoli nel web che parlano di tali argomenti o approfondiscono studi sul clima non alle spalle non vi è un determinato evento che ne richiede maggiore attenzione. Nonostante la poca informazione, il cambiamento climatico sta diventando un vero problema, anzi potremmo dire che è stata già da tempo superata la soglia di criticità, e sempre di più si sta arrivando a quello che molti scienziati chiamano «il punto di non ritorno per il nostro Pianeta».

La poca informazione e la poca sensibilizzazione verso tale tema porta chiaramente le persone a manifestare due tipi di atteggiamenti: da un lato vi è chi crede nel cambiamento climatico (anche se spesso, nonostante se ne ammetta l’esistenza, non si approfondiscono le cause di tale cambiamento) ed è perfettamente consapevole di ciò che accade nel Mondo; dall’altro lato permangono i negazionisti i quali vedono nell’emergenza climatica, come sempre, un complotto o un accordo tra potenti per trarre convenienze da tali situazioni. Purtroppo, e di questo i negazionisti dovranno farsene una ragione, la crisi climatica nel nostro Pianeta esiste, è allarmante, procede a passi molto più veloci di quello che si possa immaginare e tutti noi dobbiamo fare qualcosa al più presto. Certo la coscienza collettiva serve ben poco se al Governo o durante gli incontri dedicati al clima a livello globale, come ad esempio la Cop28 svoltasi a Dubai tra novembre e dicembre 2023, le decisioni prese dai vari Stati non risultano essere davvero incisive prendendo di petto il problema ed affrontandolo senza dimenticarne l’aspetto emergenziale. I cambiamenti climatici sono assolutamente visibili, basti pensare alla stagione estiva divenuta ormai, in diverse parti del Mondo ed anche in Italia, invivibile a causa delle temperature eccessivamente alte e delle poche (anzi quasi inesistenti) piogge che rendono aridi i terreni e bloccano le coltivazioni, provocando gravi danni all’ecosistema.

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La il punto più critico è dato dalla tropicalizzazione del clima, con periodi di grandi siccità alternati poi a lunghissimi periodi di piogge troppo abbondanti. Il tutto contribuisce a creare un’alterazione incredibile nella macchina perfetta del nostro Mondo che sempre meno, purtroppo, si dimostra impeccabile e la causa è solo ed esclusivamente nostra. La desertificazione è uno dei risultati più evidenti di tali comportamenti climatici. Continuando ad ignorare il problema stiamo soltanto velocizzando la disfatta. Il CO2 emesso dai combustibili fossili è uno dei fattori più preoccupati e sul quale sarebbe necessario intervenire, anche e soprattutto a livello legislativo, per limitare il più possibile i danni.

Perché, sia chiaro, i danni già ci sono e tornare indietro non è più possibile ma, certamente, si può ancora invertire la rotta semplicemente per limitare i danni e consegnare ai nostri figli un pianeta migliore.

«Il linguaggio che viene utilizzato per descrivere questa emergenza è importante. Non bisogna più parlare di “cambiamento climatico” ma di “emergenza climatica”, questo perché termine “cambiamento” psicologicamente ti porta a pensare che sia un qualcosa di naturale e di passaggio. Non è così, è un’emergenza!» spiega Alessandro Berti, esponente di Ultima Generazione. Alcuni cambiamenti sono stati già proposti a livello mondiale ed europeo, rivolgendosi soprattutto a quelle realtà come la Cina, l’India o l’America, responsabili più di altre dell’inquinamento atmosferico (per ovvie ragioni legate alla dimensione del territorio). «Bisogna invertire la rotta prima che si possano innescare i cosiddetti “tipping point” ovvero “i punti di non ritorno”, oltrepassati i quali non possiamo più tornare indietro. Si parla di scioglimento di ghiacciai, del permafrost o di deforestazione. I dati ci dicono che le calamità climatiche in Italia sono quadruplicate in dieci anni, erano 150 nel 2011 e sono 1600 nel 2021. Non è solo una crisi ambientale ma soprattutto sociale. Molte persone sono morte a causa dei disastri provocati dalla crisi climatica» afferma Berti. In sostanza, bisogna ascoltare la scienza, bisogna fidarsi di chi lavora e studia i fenomeni che interessano il nostro mondo e non lasciarsi andare a ipotesi ed idee che non riconoscano la gravità della situazione in cui vive il nostro Mondo. Salvarlo e salvarci deve essere una priorità per tutti.

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