«Neppure Lukashenko riesce a mitigare la paura che Putin continua ad avere riguardo al gruppo Wagner». L’Institute for the study of war, con base a Washington, cita fonti russe anonime per le quali l’incontro del 23-25 luglio tra i due leader è durato due giorni per l’insistenza dello Zar a trattare nei dettagli la questione aperta dalla marcia su Mosca di Prigozhin e la sua “ridislocazione”. Lukashenko fa leva sulla presenza di Wagner-Prigozhin in Bielorussia per ottenere da Putin più assistenza economica a Minsk e respingere le richieste di pieno coinvolgimento bielorusso nella guerra all’Ucraina. Soprattutto, Putin vorrebbe riportare sotto il controllo del Cremlino la holding Wagner, “requisire” il business del Gruppo, missione che secondo il Wall Street Journal si sta rivelando «uno dei più complessi trasferimenti d’impresa della storia».
La guerra tra Putin e Prigozhin
E dietro lo smantellamento e la ricomposizione dell’impero economico c’è la “guerra” tra Putin e Prigozhin su chi dovrà prendere le redini di ciò che resta dell’organizzazione: Prigozhin vorrebbe il co-fondatore Dmitry Utkin.
L’impero mercenario
Metà dell’impero di Wagner finora si nutriva di contratti per i pasti all’esercito e alle scuole, o nell’immobiliare. L’altra metà consiste nel gruppo paramilitare Wagner, «insieme di attività d’affari apparentemente scollegate, coinvolte in interferenze politiche, miniere e mercenari in giro per il mondo». Questo proliferare di società fa parte di uno stesso disegno che distribuisce soldi, attrezzature e personale. In Siria i mercenari sono al soldo della Evro Polis, che per Assad protegge campi di gas e petrolio e ne viene compensata con un quarto dei profitti. Operazioni lucrose per Putin come per Prigozhin, su circa 10mila miglia quadrate di Siria. Si chiama M-Finance la compagnia delle miniere di oro e diamanti e del mercato del legname nella Repubblica centrafricana. Qui, la Seva Security Services paga i contractor e garantisce la sicurezza del Presidente. In Madagascar, la Wagner è co-proprietaria col governo di aziende minerarie, il personale in parte lo stesso della Midas Resources che gestisce miniere d’oro nella Repubblica centrafricana, inclusa la N’dassima strappata ai canadesi, con previsioni di profitti per miliardi di dollari in dieci anni. In Russia, le colonne sono la Concord Management, da cui sono germogliate la Concord Catering e la M-Invest che foraggia, assume e rifornisce le controllate africane. Poi la M-Finance, la Neva che tratta la Siria, la Megaline (costruzioni militari), legata ad altre imprese Wagner come la Broker Expert che gestisce l’oro del Sudan. E sempre in Russia, la Project Lakhta, quella che dal 2014 avrebbe cercato di influenzare le elezioni in Usa e Ue. E ancora: la Service K (risorse umane), la Ferrum Mining, con interessi in Madagascar come la Negociant che rifornisce Wagner anche per il Sudan, la Profit Group che estrae petrolio in Russia, la Astrea che ha concessioni di petrolio e gas in Siria proprio come Mercury, Velada e Kapital. Oro e diamanti nella Repubblica centrafricana ingrassano la Lobaye Invest e la Diamville (“Città dei diamanti”), mentre la Bois Rouge (“Legno rosso”) commercia legname raro da un porto del Camerun. In Sudan, la Meroe Gold lavora con i paramilitari della Rsf di Hemedti, uno dei signori della guerra che hanno scatenato, guarda caso, la guerra civile.