«No». Secco. Lasciando palazzo Madama Mario Draghi prova spegnere sul nascere ogni dietrologia. A sera la risposta a chi chiede se è preoccupato per la tenuta dell’esecutivo è stentorea, molto più del «vediamo» affidato ai cronisti poche ore prima, all’ingresso. Il collasso del Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte in pratica, non impatterà sul governo. Palazzo Chigi se ne è già assicurato. Con gli interessati il confronto è stato franco: «Se vi sfilate dall’esecutivo dovrete assumervi la responsabilità di aprire una crisi in questa fase così delicata» il ragionamento fatto a Conte. «Anche se con voi ci sono i numeri per una nuova maggioranza non c’è possibilità di rimpasto. La maggioranza resta questa» la sintesi offerta invece a Luigi Di Maio e alla sua nuova creatura.
Le carte, in pratica, sono sul tavolo.
E preoccupati sono anche al Nazareno. Tant’è che Enrico Letta, già sceso personalmente in campo lunedì notte per raggiungere un’intesa sulla risoluzione, torna ad alzare il telefono. Il messaggio recapitato a entrambi è lo stesso: «Fate in modo che lo scontro non ricada sul governo e sulla politica estera italiana». La priorità è questa. Poi si capirà anche come far convivere le due anime nel campo largo, ma la convinzione è che possano starci dentro entrambi. «Letta ha nelle sue corde l’anima di federatore» spiega chi ha avuto modo di confrontarsi con lui nelle ultime ore, «e ha un buon rapporto sia con Luigi che con Giuseppe». «Dovremo fronteggiare la destra peggiore degli ultimi anni» spiegano ancora, «ed essere uniti è la sola strategia che può funzionare. E noi siamo il baricentro». Attorno a quel baricentro però non tutti la vedono allo stesso modo. «Per chi non è mai sceso a patti con i cinquestelle, non ci ha mai fatto un governo politico, rinunciando anche a cariche e ruoli, ha sempre messo in guardia il Paese sulla loro inconsistenza, oggi è una bella giornata», ha scritto infatti Carlo Calenda, che al campo largo strizza l’occhio (a patto che Conte non ci sia). Idem per Matteo Renzi che, al solito, è più netto: «Oggi finisce la storia del Movimento 5 Stelle». Matteo Salvini invece, affronta un’altra questione. I componenti del governo che lasciano il Movimento chi rappresentano? «A nome di chi va in giro per il mondo il ministro degli Esteri?» si interroga. Un nodo, quello dei posti di governo, che nei prossimi giorni non è escluso possa essere messo sul tavolo anche dai cinquestelle. Per ora, però, garantiscono: «Non è in cima alle nostre priorità». Quali siano, non è dato saperlo.