Lo dice Roberto Speranza, leader di Articolo Uno, dal palco di Portici. E lo ripetono all’unisono i maggiorenti del Pd. «Il clima sta cambiando, nel Paese». E quella valanga di voti in direzione centrodestra annunciata dai sondaggi, confidano dal Nazareno, potrebbe rivelarsi meno travolgente del previsto.
Un po’ perché, sono convinti i dem, il Pd alla fine riuscirà a pescare tra quel 40 per cento circa di elettorato che ancora non ha deciso dove metterà la croce, domenica. E un po’ perché, si danno di gomito nel centrosinistra, i toni più barricaderi di Meloni agitati nei confronti di Bruxelles negli ultimi giorni potrebbero finire per alienarle una parte del voto moderato.
Enrico Letta ci crede: sparigliare le carte si può.
Ma anche di comizi, di ascolto e di strette di mano, più che di tv. «Da domenica a Monza abbiamo cambiato passo», avverte Letta da Caserta (teatro di un plebiscito grillino alle politiche del 2018, poi espugnata da un sindaco dem). «Si è scatenato il potenziale del Pd sul territorio, fatto di militanti e di sindaci. È così che vinceremo», dà la carica, convinto che ormai «i media come la tv sono intasati». E che alla fine, per persuadere un indeciso, conti più il suggerimento di un amico. Per questo bisogna «parlare alle persone», sprona l’ex premier. Deciso a drammatizzare lo scontro: «La storia d’Italia passa attraverso quello che accade nei prossimi cinque giorni – avverte – Vorrei che tutti ce l’avessimo chiaro». Perché «chi vince il 25 settembre governerà per i prossimi cinque anni». E «se vincono gli altri, sarà un disastro».
«Le polemiche sulla mia visita – aggiunge – sono fuori posto, figlie di una idea autarchica e provinciale dell’Italia», i cui interessi «si difendono insieme all’Europa».
Cominciata a Salerno, la giornata campana del segretario prosegue a Pompei, per un tour del parco archeologico insieme al ministro della Cultura Dario Franceschini (anche lui in corsa a Napoli come capolista al Senato). «Dieci anni fa ogni volta assistevamo a titoloni del tipo “crollo a Pompei”. Oggi invece si registrano 4 milioni di visitatori, si aprono nuove strutture, si coinvolgono le scuole», rilancia Letta, per dimostrare che «non è vero che con la cultura non si mangia, è l’opposto». Un altro aspetto di quelle «due idee diverse dell’Italia» che per Letta si confronteranno alle urne. «Una che conta in Europa e una che protesta, una che riconosce i diritti e l’altra che li nega». E sull’esito dello scontro, insistono dal Pd, non è ancora detta l’ultima parola.