Meloni apre a Salvini, ma sui balneari si tratta: ecco cosa può cambiare sulle concessioni

Dalla Le Pen alle inchieste, disinnescate le polemiche. «Maggioranza compatta»

Meloni apre a Salvini, ma sui balneari si tratta: ecco cosa può cambiare sulle concessioni
Meloni apre a Salvini, ma sui balneari si tratta: ecco cosa può cambiare sulle concessioni
di Andrea Bulleri
Venerdì 5 Gennaio 2024, 00:16 - Ultimo agg. 6 Gennaio, 14:38
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Staffilate alle opposizioni, miele per gli alleati di governo. Se tensioni o incomprensioni nelle ultime settimane ci sono state, tra Giorgia Meloni e i partner della maggioranza, la premier non lo dà a vedere. Anzi: nonostante i fronti di fibrillazione non manchino (dal nodo balneari alle alleanze in Europa, dal Verdini-gate al tetris candidature per le amministrative), Meloni veste i panni dell’allenatrice della squadra-centrodestra. E in tre ore di conferenza stampa sceglie a più riprese di fare catenaccio, offrendo scudi sia ad Antonio Tajani che – soprattutto – a Matteo Salvini. Al punto che la reprimenda più dura, eccezion fatta per le critiche a Pd e Cinquestelle, finisce per essere quella che la leader di FdI rivolge alle proprie truppe, che devono tenere ben presente la «responsabilità» imposta dal loro ruolo. 

IL NODO
Così è rimasto deluso chi, sul capitolo ddl Concorrenza, si aspettava che la premier rimettesse in riga l’alleato leghista, dopo l’altolà del Colle e la fuga in avanti del Carroccio. Il nodo delle concessioni, certo, all’interno dell’esecutivo resta da sbrogliare.

Anzi: la premier ci ha tenuto a mettere bene in chiaro che l’appello del presidente Mattarella sul rispetto delle normative Ue «non rimarrà inascoltato», ma si valuterà il da farsi «con gli altri partiti di maggioranza e con i ministri». Poi però ha difeso la scelta di mappare le coste prima di rimettere a gara le concessioni balneari, mossa che «curiosamente in tutti questi anni nessuno ha ritenuto di fare». Ora, ha spiegato Meloni, l’obiettivo è rimettere ordine nella «attuale giungla», di sponda con la Commissione Ue e con gli operatori del settore, «per evitare l’infrazione e dare certezza della norma», superando le difficoltà degli Enti locali. 

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Ma al netto delle diverse sensibilità in maggioranza sull’argomento, l’unità di intenti del governo non pare incrinata, per Meloni. «Il rapporto con gli alleati è ottimo, a livello di Cdm e di maggioranza», chiarisce la premier: «Non che non abbiamo i nostri dibattiti interni», ma «quando abbiamo un problema ci mettiamo seduti fino a quando non lo abbiamo risolto». E pure la manovra approvata senza fiducia, sottolinea, è un «segnale di compattezza» della maggioranza. 

Compattezza che non viene messa in dubbio dalle domande sull’inchiesta con protagonisti Denis e Tommaso Verdini: «Salvini – taglia corto Meloni – non è chiamato in causa e ritengo che non debba intervenire in Aula su questa materia». Né paiono creare problemi le diverse scelte di campo in Europa della maggioranza. Certo, la premier riconosce che con i tedeschi di Afd (nello stesso gruppo europeo della Lega) «le distanze sono insormontabili», mentre discorso a parte è quello su Marine Le Pen, che «sulla Russia fa un ragionamento interessante» sposando le ragioni dell’Ucraina. Ma, aggiunge Meloni, «non sono io a dare patenti, io lavoro con i Conservatori». Parole che, ancora una volta, vanno nella direzione di tendere una mano gli alleati leghisti. 

LE FRIZIONI
L’altro dossier di potenziale frizione sul tavolo è quello delle urne di giugno. E se il capitolo Europee «non mi preoccupa», dice Meloni («dobbiamo saperle affrontare senza che diventi una competizione interna»), sul fronte amministrative la richiesta agli alleati è quella di scegliere «il prima possibile» candidati sindaci e governatori. Matassa non così semplice da sbrogliare. A cominciare dalle Regionali, con Forza Italia e (soprattutto) la Lega che insistono per ricandidare gli uscenti (a cominciare dai presidenti di Sardegna e Basilicata Christian Solinas e Vito Bardi), mentre FdI punta a un «riequilibrio». E se Meloni si dice fiduciosa che una soluzione si troverà («siamo famosi per discussioni anche accese ma poi le risolviamo con reciproca lealtà), in serata ecco la nota della Lega. Che «conferma la propria determinazione affinché la coalizione sia compatta per avere successo in tutti i prossimi appuntamenti elettorali». E però ribadisce: «Squadra che vince non si cambia». 

Anche dal Carroccio, in ogni caso, viene sottolineata l’unità della squadra di governo: «Dall’autonomia alle riforme, dal taglio delle tasse a garantismo, giustizia e tolleranza zero per gli estremismi religiosi, Giorgia Meloni conferma a tutto campo la compattezza della maggioranza e la piena sintonia nonostante fango, attacchi e falsità», mettono a verbale da via Bellerio. Intanto anche i capigruppo di Forza Italia, Paolo Barelli e Maurizio Gasparri, esprimono «apprezzamento e condivisione» per le parole di Meloni «chiare ed esaurienti»: «FI – scandisce Barelli – è convintamente parte di questo governo per realizzare le riforme del programma». Divisioni e schermaglie, insomma, possono attendere. Almeno fino alla ripresa dei lavori, quando il nodo più urgente (quello delle concessioni di balneari e ambulanti) tornerà al pettine. 

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