«Un Pd unito serve alla democrazia italiana e alla stabilità del Governo. Dividersi in questo momento è un gravissimo errore che l'Italia non capirebbe». Nicola Zingaretti cerca di scongiurare la scissione renziana che sembra sempre più vicina e Dario Franceschini rivolge un appello all'ex premier: «Renzi, non farlo. Il Pd è la casa di tutti, casa tua e casa nostra - dice il ministro -. Il popolo della Leopolda è parte del grande popolo del Pd. Non separiamo questo popolo, non indeboliamoci spaccando il partito di fronte a questa destra pericolosa». E proprio alla Leopolda, tra un mese, Renzi in un'intervista al Corriere Fiorentino promette parole «chiare come mai in passato».
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Si aggiunge all'appello con un posto su Twitter la deputata del Pd, Debora Serracchiani: «Con Salvini che a Pontida carica i suoi all'assalto delle istituzioni nel Pd si riparla di dividere: una follia. Ora è il momento di pensare a far funzionare questo governo e ritrovare consenso. E già questo è un compito abbastanza impegnativo».
Alle prese con la difficile sfida del governo con M5S e Leu («dobbiamo provare a costruire una casa comune con i sassi che ti hanno gettato contro», dice Dario Franceschini citando il Talmud e Erri De Luca) e con il tentativo di alleanze analoghe alle regionali, il Pd ha di nuovo il fronte interno aperto. La prospettiva è la formazione di gruppi parlamentari autonomi renziani, un progetto già avanzato di «separazione consensuale», secondo i promotori. Per Franceschini però «questa idea è ridicola, quando spacchi un partito è sempre traumatico».
Il capodelegazione al governo, promotore e tessitore dell'accordo con il M5S, che chiude la tre giorni di Areadem a Cortona, rinnova quindi l'appello all'unità. D'altro canto, ragionano in molti nel partito, «siamo arrivati uniti a formare il governo, e Renzi ha avuto un ruolo da protagonista, perchè indebolirsi ora?». «Una scissione a freddo non avrebbe senso - sostiene pure Enrico Letta al Corriere della Sera - visto anche il modo intelligente e inclusivo in cui Zingaretti ha gestito questa fase».
Dal fronte renziano nessuna reazione ufficiale all'appello di Franceschini. In due interviste Ettore Rosato - papabile come coordinatore del nuovo movimento - e Ivan Scalfarotto elencano i motivi del malumore renziano. Tra gli altri, «non siamo quelli che cantano Bandiera Rossa al comizio del segretario» e «vogliamo un'Italia libera, fresca, viva. E un partito senza correnti e senza fuoco amico».
Distanze sui contenuti politici e anche personali. L'eventuale ritorno nel Pd dei fuoriusciti anti-Renzi - simboleggiati da Pierluigi Bersani e Massimo D'Alema - è un'altra delle ragioni che motiverebbero l'uscita dei renziani dal Nazareno. Luigi Marattin, deputato in pole per diventare capo del nuovo gruppo alla Camera, parla di «sovranisti» e «Pd-M5S» come «opzioni politiche insufficienti».
L'appuntamento è alla Leopolda dal 18 ottobre.