Sud, la spinta del turismo: «Infrastrutture e servizi per crescere ancora»

La Svimez rielabora la statistica della congiuntura meridionale

Castel dell'Ovo illuminato d'azzurro
Castel dell'Ovo illuminato d'azzurro
di Nando Santonastaso
Mercoledì 12 Aprile 2023, 07:00 - Ultimo agg. 13 Aprile, 08:48
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Nell'Italia che nel 2023 crescerà più del previsto c'è anche il Mezzogiorno. Nel senso che dall'area più debole del Paese (e d'Europa) continuano ad arrivare segnali di ripresa in linea con quelli del Paese fissati dal Def (in linea con Bankitalia). Segnali tali da imporre la revisione di previsioni e scenari valutati a fine 2022 in chiave ben diversa sulla base, ovviamente, dei dati allora disponibili. È il caso della Svimez che dopo avere ipotizzato una possibile contrazione del Pil di quest'anno dello 0,4%, rispetto al +0,8% indicato per il Centro-Nord e al +0,5% della media Italia, è da giorni al lavoro per rielaborare la statistica della congiuntura meridionale. Pur senza sbilanciarsi troppo, si fa capire dalla sede di via di Porta Pinciana a Roma che il nuovo valore sarà positivo, sia pure di due o tre decimali. Non è tantissimo, ovviamente, né può giustificare una certa percezione di riduzione del divario che era e rimane la vera sfida da vincere: ma l'inversione di rotta è credibile, pur nella delicatezza di una condizione economico-sociale ancora ben lontana dall'essere soddisfacente.

Due i cardini su cui poggia la nuova previsione in chiave Mezzogiorno. Il calo dell'inflazione e la spinta, formidabile, del turismo che peraltro, come documentano gli addetti ai lavori pressoché all'unisono, ha margini di crescita di gran lunga maggiori e sul quale, dunque, la spinta degli investimenti in infrastrutture e qualità dei servizi può decisamente migliorare ancora.

Ma è soprattutto il primo dato ad assumere un significato particolare sul piano per così dire scientifico: Svimez aveva opportunamente indicato che laumento del costo della vita, che fino a pochi mesi fa era saldamente a doppia cifra, avrebbe impattato maggiormente sui consumi della popolazione più debole, in altre parole sul Sud. Il carrello della spesa sia dei beni per così dire energetici sia per quelli alimentari e comunque di prima necessità sarebbe stato inevitabilmente più pesante per le famiglie meridionali, considerata la distanza in termini di reddito pro capite dalla media nazionale e da quella del Centro Nord. L'analisi di fondo naturalmente rimane, come pure la previsione di un considerevole aumento della povertà valutato, sempre lo scorso autunno, in un altro mezzo milione di abitanti al Sud. Solo che la discesa più rapida del previsto del tasso inflattivo e la contemporanea crescita del turismo, altrettanto rapida quanto impetuosa, hanno almeno in parte cambiato le carte in tavola. Non più un Mezzogiorno quasi condannato alla recessione nei primi mesi dell'anno, ma ora in grado quanto meno di non perdere altro terreno dal resto del Paese pur restando, come detto, molto indietro rispetto alle medie nazionali e delle altre macroaree. 

È infatti scontato che la revisione delle previsioni 2023, ad esempio, difficilmente riporterà in terreno positivo la Calabria (Pil a -0,9% in base al Rapporto 2022) o la Sicilia (-0,5%), le regioni apparse più in ritardo nel 2022 e sulla cui capacità di completo recupero le incognite si sprecano. 

Di sicuro, un'anticipazione di questo sia pur leggero cambio di passo era giunta già a proposito dell'andamento delle dinamiche occupazionali. Come riferito dal Mattino, i dati sui nuovi posti di lavoro al Sud nel 2022 sono risultati migliori della media nazionale e del Settentrione, soprattutto per la spinta dell'ultimo trimestre (quando il turismo ha sorpreso per la sua vitalità chi pensava ad un calo, perfino comprensibile, dopo i forti rialzi dell'estate). Ma anche i numeri sul rapporto tra credito e imprese e famiglie, raccontati dal presidente dell'Abi Antonio Patuelli nell'intervista di domenica scorsa, si muovono nella stessa direzione: i prestiti bancari al Sud (e in particolare in Campania) sono stati maggiori delle altre aree del Paese. E anche la voce relativa ai risparmi indica un'accelerazione degli investimenti privati che fino allo scorso anno non aveva le stesse proporzioni. 

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Naturalmente tutto questo nuovo (almeno in parte) scenario deve essere confermato e soprattutto potenziato dal Pnrr la cui messa a terra resta invece carica di dubbi e perplessità proprio al Sud. E, non vanno dimenticati i possibili, temuti ricaschi dell'autonomia differenziata, come è stato messo in evidenza dalla Fondazione Mezzogiorno la settimana scorsa a Palazzo Partanna. Se su entrambi questi fronti prevalesse il pessimismo, il Pil meridionale tornerebbe al passo del gambero al quale, in fondo, siamo ormai da tempo abituati. Con la consapevolezza, però, che stavolta sarebbe molto più difficile riprendere a correre. E non bisogna essere dei super esperti per capire il perché. 

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