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Pnrr, ecco tutti i ritardi: Mezzogiorno in affanno, Roma si salva

Lo studio di Viesti: da Napoli a Catania, le città più in difficoltà

Pnrr, ecco tutti i ritardi: Lazio e Sud in affanno. Ma Roma si salva
Pnrr, ecco tutti i ritardi: Lazio e Sud in affanno. Ma Roma si salva
di Luca Cifoni
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 26 Gennaio 2023, 00:15 - Ultimo agg. : 11:00
4 Minuti di Lettura

Mezzogiorno, come prevedibile. Ma anche qualche Comune del Nord e tanto Lazio. Che le amministrazioni italiane siano arrivate in affanno all’appuntamento con il Pnrr è un fatto noto. Uno studio realizzato dal professor Gianfranco Viesti dell’Università di Bari e commissionato dalla Fondazione “Con il Sud” permette di entrare più nel dettaglio e misurare le criticità nei centri con più di 60 mila abitanti. Napoli, Brindisi, Taranto, Reggio Calabria, Messina, Catania e Trapani risultano le città con più problemi, mentre Trieste e Trento sono nella parte opposta della classifica, ovvero in posizione relativamente agevolata nella gestione del Piano.

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Tra i capoluoghi di Provincia che si ritrovano nella fascia più debole c’è però anche Latina e compaiono pure due grossi centri del Lazio, Aprilia e Guidonia Montecelio. Mentre nel secondo “quartile”, quello dei Comuni con valori più vicini alle medie ma comunque in situazione critica, si trovano poi Viterbo e Pomezia. Roma invece con Milano, Torino e Genova è nel terzo gruppo, quindi fa parte delle amministrazioni che pur in un contesto complicato possono guardare alla sfida dei fondi europei con un po’ di tranquillità.

 

LO SCENARIO

Lo scenario generale è quello di amministrazioni comunali che nel complesso hanno costantemente perso dipendenti: dal 2007 e il 2020 il calo a livello nazionale è stato del 27 per cento, con una dinamica che però è decisamente più accentuata al Sud e nelle isole. L’analisi di Viesti si concentra sui Comuni che nel 2019 avevano più di 60 mila abitanti: sono in tutto 103, di cui 24 non capoluoghi di Provincia, e mettono insieme 18,4 milioni di abitanti, ovvero poco meno di un terzo della popolazione totale italiana. Già l’aspetto quantitativo è di per sé rilevante, perché le amministrazioni con risorse umane scarse si trovano in difficoltà in partenza. Ma poi ci sono gli elementi qualitativi, ovvero la preparazione dei dipendenti rispetto ai compiti che li aspettano, per molti aspetti innovativi e comunque legati ad una tempistica che le regole europee rendono stretta.

Come è stato costruito allora l’indicatore? Le variabili prese in considerazione sono cinque: il numero di dipendenti nel 2019, che viene messo in rapporto alla popolazione e produce un indice di dotazione del personale; la variazione del rapporto tra dipendenti e popolazione tra 2008 e 2019, con il quale si arriva appunto ad un indice di variazione del personale; la percentuale di dipendenti laureati sul totale di quelli a tempo indeterminato, che dà l’indice di titolo di studio del personale; la percentuale di quelli con meno di 50 anni, ovvero l’indice di età del personale; e infine la percentuale di dirigenti, da cui si arriva all’indice di qualifiche del personale. Tutti questi valori vengono comparati con le medie dei Comuni medi e grandi (ovvero oltre i 250 mila abitanti) e risultano alla fine negativi oppure positivi: un numero negativo segnala maggiori criticità rispetto alla media, mentre uno positivo evidenzia una situazione migliore.

L’ECCEZIONE

Nel quartile peggiore, come accennato, si trovano tutte amministrazioni meridionali con l’eccezione delle tre del Lazio e di Carpi e Imola, in Emilia Romagna. Il Comune che ha il peggiore indicatore in assoluto è Giugliano in Campania, seguito da Torre del Greco. Al contrario nella parte alta della classifica ci sono prevalentemente città del Nord, qualcuna della Toscana e delle Marche; un caso del tutto particolare è L’Aquila, perché il capoluogo abruzzese ha avuto rilevanti modifiche della propria struttura del personale, e quindi della capacità amministrativa, in seguito all’emergenza del terremoto del 2009.

Roma ha un valore positivo pari a 72, immediatamente superiore a Milano. Tra i singoli componenti dell’indice sono negativi quelli relativi alla numerosità e all’incidenza dei dirigenti, mentre risultano moderatamente positivi i parametri su variazione del personale, presenza di “giovani” e di laureati. Tornando ai Comuni maggiormente problematici, Aprilia (quello del Lazio più in difficoltà, al settimo posto della classifica negativa assoluta) evidenzia un valore sfavorevole particolarmente vistoso proprio per quel che riguarda la numerosità del personale. E la stessa criticità si presenta a Guidonia Montecelio e a Latina.
«Lo studio sfata alcuni luoghi comuni sulla quantità della pubblica amministrazione al Sud e conferma, purtroppo, le criticità sulla qualità – ha sottolineato Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione “Con il Sud” - auspicando «una reale collaborazione tra pubblico e privato sociale».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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