Salvini al Mattino: «Chi avvelena e brucia va accusato di omicidio, affari tra scafisti e mafiosi»

Salvini al Mattino: «Chi avvelena e brucia va accusato di omicidio, affari tra scafisti e mafiosi»
di Federico Monga
Sabato 28 Luglio 2018, 08:28 - Ultimo agg. 29 Luglio, 08:45
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Ministro Salvini, a Pontida ha detto: «avviso i mafiosi e i camorristi che la pacchia è finita». Con quali azioni?
«Il primo provvedimento che prederemo, la prossima settimana in consiglio dei ministri, è il decreto per rafforzare l'agenzia dei beni confiscati. Saranno assunte 200 persone con l'obiettivo di aumentare ancora l'organico entro fine anno. La mafia oggi si aggredisce soprattutto togliendole il patrimonio. Ora ci sono 70-80 persone che gestiscono 15mila beni. Non ce la fanno. Triplicheremo le forze in termini di uomini e di soldi. Cambieremo anche alcune norme che permetteranno una gestione più manageriale».

I beni venduti ai privati?
«La priorità è dare gli immobili ai Comuni e allo Stato per fare asili nido, centri per disabili e commissariati. Certo non sempre i Comuni hanno i soldi per sistemarli. Alcuni beni che marciscono e non servono a nessuno allora dovranno essere venduti. Il ricavato della vendita andrà ai Comuni».

C'è però il rischio che a comprare siano prestanome di associazioni mafiose.
«Lo Stato deve garantire che questo non avvenga. Nei casi in cui non fosse in grado, procederemo a nuovi sequestri».

L'agenzia è solo una parte successiva nella lotta alle mafie.
«Assumeremo nuove forze dell'ordine e miglioreremo i mezzi a loro disposizione».

Ci saranno più fondi?
«Sì, entro febbraio entreranno in servizio 2mila nuovi poliziotti. Penso o ad assunzioni straordinarie o a una accelerazione del piano quinquennale. Mancano 5mila vigili del fuoco e 7mila poliziotti per arrivare al pieno organico».
 
È soddisfatto di quanto è stato fatto nella lotta alle mafie fino ad ora?
«In questo settore, a tutti i livelli, siamo un modello nel mondo a prescindere dai ministri e dai governi che ci hanno preceduto. Occorre dare però alcune indicazioni politiche».

Quali?
«Fondamentale è la certezza della pena. Non ci saranno più indulti, sconti, svuotacarceri. Il mio impegno è poi di essere più vicini ai sindaci sui territori. A Ferragosto il comitato per l'ordine e la sicurezza non lo terrò a Roma, come da tradizione, ma a San Luca in Calabria. Il giorno prima sarò in Sicilia per riconsegnare un immobile sottratto a Cosa Nostra. La tappa successiva sarà la Campania».

Anche a proposito dell'immigrazione ha parlato di «fine della pacchia». Lei si è recato in Sicilia all'inizio del suo mandato nei porti dove approdano le navi con gli immigrati salvati e non nelle procure più impegnate nella lotta ai clan mafiosi. Non le sembra di aver trasmesso questo messaggio preciso: per il Sud è prioritaria la lotta agli sbarchi più che la lotta alle mafie?
«Per me scafisti e mafiosi sono la stessa schifezza. Fare affari con la droga, con le armi o con gli esseri umani è ugualmente spregevole».

C'è un legame stretto tra clan e chi traffica in migranti?
«È assolutamente dimostrato. Il traffico di immigrati clandestini serve a comprare droga e armi. Combattere gli uni significa combattere gli altri. E devo dire che, dopo 57 giorni al ministero, i numeri mi danno ragione. Sono sbarcati 30mila clandenstini in meno rispetto all'anno passato. Il che significa molti soldi in meno a chi si arricchisce. Ma la mafia certo resta un obiettivo più impegnativo da sconfiggere che non quello degli scafisti».

Ha suscitato polemiche accese la sua intenzione di togliere le scorte a diversi rappresentanti dell'antimafia, in particolare a Roberto Saviano. Ci sarà il ridimensionamento delle scorte?
«La scelta è tecnico-giuridica e fortunatamente non si tratta di decisioni politiche ma oggettive. Non decido io, ho solo dato l'indicazione di fare una ricognizione perché in Italia abbiamo un numero che non ha pari in nessuno paese europeo. Abbiamo più di duemila uomini impegnati nelle scorte. Molte sono giustificate. Più della metà sono a tutela di magistrati che sono in trincea. Per quanto riguarda Saviano, se devo scegliere un testimonial anti-camorra preferisco Sasà Striano di cui ho letto i libri e ne apprezzo la storia passata dal male al bene. Toccherà poi a un giudice a decidere se dare del malavitoso a un ministro sia normale o meno».

Nel recente passato alcuni esponenti della Lega sono finiti al centro di indagini per rapporti con la ndrangheta. Perché la Lega, con Bossi e Maroni, ha ritenuto di ridimensionare il radicamento al Nord delle mafie?
«Io ricordo che nei primi anni Novanta Roberto Castelli, ben prima di diventare ministro, denunciava e lottava contro le infiltrazioni mafiose. Quello che abbiamo sempre rifiutato è l'accostamento Lega-mafia. Noi abbiamo avuto tanti sindaci e consiglieri comunali minacciati pesantemente».

Il problema delle mafie è solo meridionale?
«Le mafie sono in Valle d'Aosta, a Milano come a Scampia. È un problema europeo. Per questo motivo in Europa si aspettano molto da noi nella lotta all'immigrazione clandestina e alla criminalità organizzata».

Cosa deve fare l'Europa?
«Si devono scambiare i dati, mettere in collaborazione le forze di intelligence e le polizie postali perché mafie, trafficanti di uomini e terroristi utilizzano il web per comunicare. E poi c'è il tema delle riforme economiche che fanno parte della lotta alle mafie. Dobbiamo poterle portare a termine perché, se l'Italia abbassa le tasse e crea nuovi posti di lavoro soprattutto al Sud, riesce a togliere opportunità alla criminalità organizzata».

Nella vicenda dei rifiuti tossici interrati in Campania sono stati coinvolte molte imprese del Centro-Nord. Cosa si sente di dire agli imprenditori che, per risparmiare sui costi di smaltimento, hanno avuto rapporti con i camorristi e contribuito a inquinare la Campania?
«Per gli amministratori delegati, i manager, i colletti bianchi delle aziende che hanno interrato e avvelenato l'unico posto giusto è la galera. Devono pagare come e forse di più degli altri. Non è solo problema campano. A Nord come a Sud dobbiamo essere implacabili. Aumenterei anche le fattispecie di reato e le condanne. Siamo di fronte a persone che, consapevolmente o inconsapevolmente, hanno messo a rischio la vita del prossimo. Sono colpevoli di omicidio. Non siamo di fronte solo a reati amministrativi come il traffico illecito di rifiuti».

Nella Terra dei Fuochi contro i roghi sono stati fatti tanti piani che hanno coinvolto anche il ministero dell'Interno. Ma il fenomeno non si è affatto arrestato come dimostrano i tre incendi dell'ultimo mese in altrettanti impianti con il grave sospetto che si tratti di azioni dolose. Il Mattino dell'altro giorno ha titolato: «Ora basta»
«Quando parlo di innalzamento di alcune pene e di alcuni reati penso anche ai roghi perché si tratta di attentato alla salute pubblica. Quello che è stato fatto fino ad oggi non basta. Io non credo ai tavoli. Ne ho parlato con il ministro dell'Ambiente Costa, che conosce bene la situazione sul campo: c'è una carenza di personale nel controllo del territorio, le forze dell'ordine sono tutte ampiamente sotto organico. Non pretendo in sei mesi di fare rivoluzioni ma di invertire la tendenza».

Il successo della Lega anche nel Sud sta portando alla corsa di diversi esponenti politici locali ad occupare i posti in prima fila del suo partito. Non vede il rischio di infiltrazioni?
«Dobbiamo fare molta attenzione a chi vuole venire da noi soprattutto verso chi ha già fatto altre esperienze politiche. Chi è passato in cinque partiti o ha la fedina penale sporca resta a casa sua. Per gli altri porte aperte».

Per gestire la crescita del partito è pensabile l'arrivo al Sud di esponenti leghisti dal Nord?
«In Campania i coordinatori sono di grande valore. Altrove c'è qualche problema in più. Staremo a vedere».

Come giudica la sentenza Stato-Mafia?
«È un dibattito che è andato avanti per anni.

Da italiano mi spaventa che qualcuno abbia trattato in nome e per conto mio con la mafia. Mi sembrava un brutto romanzo. Ne prendo atto. Diciamo che mi ha fatto una grande impressione».

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