Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture: «Sì al ponte sullo Stretto»

Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture: «Sì al ponte sullo Stretto»
Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture: «Sì al ponte sullo Stretto»
di Andrea Bulleri
Sabato 22 Ottobre 2022, 08:00 - Ultimo agg. 11:41
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Sbloccare i cantieri «fermi da vent’anni» e rimettere in cima alla lista delle priorità il ponte sullo Stretto di Messina. Si è già calato nella sua nuova veste, Matteo Salvini. Il fu vicepremier del governo giallo-verde torna, dopo tre anni, a vestire i panni di numero due di Palazzo Chigi. E festeggia il momento via social: «Cinque anni insieme per cambiare l’Italia», esulta su Twitter postando una foto in cui abbraccia Giorgia Meloni.

Di nuovo vicepresidente del Consiglio, sì, seppur in un ministero diverso rispetto ai suoi desiderata all’indomani del voto del 25 settembre. Non è un mistero che il leader leghista puntasse a tornare alla plancia di comando del Viminale. Incarico che ha dovuto cedere a Matteo Piantedosi, suo capo di gabinetto ai tempi del Conte I. Salvini, invece, guiderà le Infrastrutture e le mobilità sostenibili.

E non è stata una sorpresa, per lui: sbarratagli la strada per l’Interno, la casella del Mit era quella a cui tutti i pronostici della vigilia lo vedevano assegnato.  

Quel che invece è stato lo stesso Capitano a ignorare fino all’ultimo, raccontano i rumors, sono stati i nomi e gli incarichi definitivi degli altri leghisti chiamati a far parte della squadra. A cominciare dalla poltrona più illustre riservata al Carroccio, quella dell’Economia, destinata a Giancarlo Giorgetti. Eppure all’ultimo minuto ecco che ieri pomeriggio tornano a circolare insistenti le voci secondo cui Giogetti sarebbe rimasto nel suo ufficio di via Veneto, allo Sviluppo. Tanto che a un certo punto a Salvini, rimasto all’asciutto di informazioni, per saperne di più alza il telefono e chiama Ignazio La Russa. Il presidente del Senato però dribbla ogni domanda: «Non posso dirti nulla».

Alla fine, in ogni caso, la Lega incassa cinque ministeri, tanti quanti Forza Italia. Oltre al Mef di Giorgetti – che Salvini resta incline a considerare quasi alla pari di un tecnico, più che un uomo di partito – il Carroccio può rivendicare molte delle richieste avanzate all’alleata. A cominciare, proprio, dalle Infrastrutture, postazione chiave per gestire molti dei progetti incardinati dal Pnrr. E poi – oltre alle competenze sui porti, e di conseguenza sugli sbarchi – ci sono le grandi opere pubbliche, nella whishlist di (quasi) ogni governo: «Non prometto miracoli – annuncia Salvini un minuto dopo l’ufficialità della nomina – Ma dalla Gronda di Genova al Ponte sullo Stretto di Messina, ci metterò tutta la mia energia». 

Anche perché, spiega il neo-ministro, «sbloccare cantieri significa creare sicurezza e lavoro». Eccole, le priorità del nuovo inquilino al ministero di Porta Pia. «Mi piacciono le sfide – dice lui ai microfoni di Rtl – Ci sono tantissimi cantieri fermi, eterni lavori, 102 opere pubbliche commissariate da tempo, infrastrutture ferme da vent’anni». E poi altre su cui da decenni si discute, come il ponte sullo Stretto. «È tra miei obiettivi», conferma Salvini, che della grande opera più discussa di sempre aveva fatto una bandiera in campagna elettorale. Un’infrastruttura che «è nell’interesse di tutti gli italiani», sottolinea il leghista. «Se dopo 50 anni riuscissimo a far partire i cantieri sarebbe eccezionale». 

Non è l’unica priorità, per il Capitano vicepremier. «In questo momento l’emergenza, a parte le bollette, è il lavoro», mette in chiaro. Sull’energia, invece, bisognerà puntare «sul nucleare pulito e sicuro». Mentre il reddito di cittadinanza «andrà rivisto» perché «così com’è disincentiva il lavoro». Un programma ambizioso, quello del neo-vice di Meloni, che negli ultimi giorni di maretta (poi rientrata) tra i due alleati di centrodestra ha dovuto provare a indossare i panni del pompiere, dismettendo quelli dell’incendiario. «Uniti, rapidi ed efficienti – twitta a sera – Come promesso, nasce il governo di centrodestra voluto da milioni di italiani».  

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E però al netto della «soddisfazione» con cui Salvini accetta il nuovo incarico, dalle parti di via Bellerio c’è chi non nasconde una punta di amarezza. Che nasce, oltre che dalla perdita del Viminale (Piantedosi, pur avendo collaborato con Salvini, è considerato a tutti gli effetti un tecnico), dalla rinuncia a una casella su cui si puntava molto, quella dell’Agricoltura (andata a FdI). Se non altro, però, è passata la linea leghista del cambio di nome, Agricoltura «e sovranità alimentare». E poi ci si può sempre consolare con l’Istruzione e la Disabilità, altro cavallo di battaglia del Carroccio. Così come gli Affari regionali, dove a occuparsi del progetto di riforma sull’autonomia differenziata tanto caro ai leghisti sarà un uomo di fiducia del segretario, Roberto Calderoli

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