Sud, Rapporto Svimez 2023: più lavoro ma più poveri

Sos Svimez: pochi servizi per le famiglie

La presentazione del Rapporto Svimez 2023
La presentazione del Rapporto Svimez 2023
di Nando Santonastaso
Mercoledì 6 Dicembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 7 Dicembre, 07:30
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Il paradosso va dritto al cuore: al Sud l'aumento dell'occupazione va di pari passo con la crescita della povertà. Lo dice e lo spiega la Svimez nel Rapporto 2023 presentato a Roma, il 50esimo nella storia dell'Associazione che non a caso dedica all'anniversario e alla figura del suo fondatore, Pasquale Saraceno, di cui ricorrono anche i 120 anni dalla nascita, un ricordo tanto commosso quanto attuale. Condensato in un volume di oltre 500 pagine tra analisi, dati e statistiche che documenta da solo l'enorme sforzo prodotto anche stavolta, il Rapporto è una fotografia realistica di ciò che il Sud è e soprattutto di quello che potrebbe essere. Da una parte c'è un'area che per la prima volta dopo uno choc tremendo (nella fattispecie il Covid) è cresciuta allo stesso ritmo delle altre macroaree del Paese; che ha trovato linfa vitale nel turismo e nell'edilizia, compensando così almeno in parte la frenata dell'industria; che partecipa con più di un'impresa su quattro a filiere strategiche in chiave europea come l'energia, la logistica e l'agroalimentare. Ma dall'altra parte c'è ancora un Mezzogiorno nel quale è soprattutto il lavoro povero a dare la spinta alla nuova occupazione; in cui sale, di conseguenza, il numero delle famiglie in povertà assoluta (250mila persone in più tra il 2020 e il 2022) mentre si rafforza la certezza che neanche un lavoro sicuro può bastare a vivere dignitosamente. Un'area in cui il tasso di crescita per i prossimi anni sarà ancora positivo ma appena dello 0,4% nel 2023 contro il doppio del Nord, per effetto del maggiore impatto dell'inflazione sui consumi in un territorio economicamente debole.

Quello di oggi resta il Sud che a livello europeo presenta il più basso tasso di occupazione femminile, con Campania (31%), Puglia (32%) e Sicilia (31%) a fare peggio.

Pesa la carenza di servizi di conciliazione tra lavoro e famiglia, specialmente nella prima infanzia: «Una donna single nel Mezzogiorno ha un tasso di occupazione del 52,3%, nel caso di donna con figli di età compresa tra i 6 e i 17 anni si scende al 41,5% per poi crollare al 37,8% per le madri con figli fino a 5 anni (65,1% al Centro-Nord), la metà rispetto ai padri (82,1%)». Addirittura: sulle 44.669 neomamme che si sono dimesse dal lavoro circa il 63% indica tra le motivazioni la fatica nel tenere insieme l'impiego e il lavoro di cura (a fronte del 7,1% dei padri).

Emblematico, da questo punto di vista, il caso degli Asili nido in un contesto nel quale il Sud «affronta già gravi ritardi nell'offerta di servizi per la prima infanzia». Il Pnrr avrebbe potuto invertire la rotta ma, ricorda la Svimez, «gli investimenti non sono stati programmati in base ad una mappatura territoriale dei fabbisogni di investimento, bensì attraverso procedure a bando». Morale: dei 3,4 miliardi assegnati ai Comuni, 1,7 miliardi riguardano il Sud ma solo il 36% risulta messo a gara contro il 51% del Centro-Nord. Ora, poi, con la recente riduzione degli obiettivi del Pnrr per i nuovi posti negli asili nido (da 248 mila a 150 mila) i dubbi aumentano, dice il Rapporto: al punto che «se anche si superassero tutte le difficoltà attuative, le attuali ripartizioni delle risorse non consentirebbero di raggiungere il target europeo del 33% in tutte le regioni. In particolare, in Sicilia (-17 mila posti), Campania (-13 mila)». 

Ma oggi il Sud è anche l'area che rischia di pagare di più per le conseguenze dei cambiamenti climatici: «La Sicilia è a maggior rischio desertificazione del Paese, con il 70% del territorio minacciato da insufficienza idrica, seguita da Molise (58%), Puglia (57%) e Basilicata (55%)». Proprio per questo, propone la Svimez, si può ragionare di una nuova visione di politica industriale fondata sulla sostenibilità. Della serie: non più il Sud solo come hub energetico europeo ma come punto di riferimento «delle tecnologie abilitanti, espandendo attività già presenti sul territorio e rilocalizzando produzioni che attualmente rappresentano dipendenze strategiche per l'intera Ue». 

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Di qui una chiara linea di demarcazione tra il Mezzogiorno di oggi e quello che sarà domani: senza l'attuazione completa del Pnrr lo spettro della recessione si materializzerà inevitabilmente, considerati anche il rallentamento già in atto dell'economia europea e italiana e le forti incognite geopolitiche di questi ultimi mesi. il direttore di Svimez Luca Bianchi spiega che l'impatto cumulato del Piano nei prossimi due anni produrrebbe un rimbalzo del 2,5% di Pil nel Mezzogiorno, una percentuale superiore perfino alla media nazionale. Ma per farcela bisognerebbe superare vecchie e nuove criticità. Ad esempio, dare una mano ai Comuni che, ricorda Svimez, nonostante gli enormi sforzi di questi anni sono ancora piuttosto indietro: «Per circa la metà dei progetti risultano avviate le procedure di affidamento; tuttavia, la quota di progetti messi a bando si ferma al 31% al Mezzogiorno rispetto al 60% del Centro-Nord». Evidente il freno della capacità amministrativa mentre fenomeni come la denatalità e l'emigrazione sembrano inarrestabili contrariamente al Nord dove invece prosegue l'attrazione di manodopera immigrata. Ma c'è di più ed è l'allarme di Svimez sulla disparità delle risorse per la sanità pubblica: «Le differenze nella dinamica delle popolazioni regionali determinano una redistribuzione dal Mezzogiorno a favore del Nord dell'ordine di un punto percentuale del totale delle risorse finanziarie alla fine del prossimo decennio». 

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