Taglio del cuneo prorogato al 2025, la misura equivale a un aumento in busta paga di 100 euro al mese

Approvato il Documento di economia e finanza: il debito torna a salire al 137,8%

Taglio del cuneo prorogato al 2025: la misura equivale a un aumento in busta paga di 100 euro al mese
Taglio del cuneo prorogato al 2025: la misura equivale a un aumento in busta paga di 100 euro al mese
di Andrea Bassi
Mercoledì 10 Aprile 2024, 00:19 - Ultimo agg. 11 Aprile, 09:17
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 La stretta sui bonus edilizi potrebbe non essere finita. Il conto finale per le casse dello Stato degli incentivi alle ristrutturazioni è salatissimo: 219 miliardi di euro, una cifra superiore a quanto l’Italia riceverà grazie al Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Un conto che, ha spiegato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, «già pesa» e «continuerà a pesare» sul debito pubblico, le cui stime tendenziali sono state approvate ieri in consiglio dei ministri nel Def, il Documento di economia e finanza. Un documento privo del quadro “programmatico”, delle misure cioè che il governo intende introdurre con la prossima manovra di bilancio. Ma che comunque conterrà, ha spiegato Giorgetti, l’impegno a proseguire anche il prossimo anno con il taglio del cuneo fiscale. La decontribuzione del 7 per cento per i redditi fino a 25 mila euro e del 6 per cento per quelli tra 25 e 35 mila euro, che equivale in media ad un aumento in busta paga di 100 euro al mese, proseguirà anche nel 2025. La proroga costa una decina di miliardi di euro. Altri quattro saranno necessari per confermare il taglio dell’Irpef a tre aliquote. Poi ci sono tutta una serie di bonus in scadenza, da quello per le mamme lavoratrici, fino al canone Rai. Il conto della prossima manovra di Bilancio, insomma, parte da oltre 20 miliardi, attorno ai 23 secondo le prime simulazioni. Giorgetti ha spiegato che il governo presenterà il quadro programmatico dopo che l’Europa avrà dettato le linee guida per le nuove regole sui conti pubblici. 

La scadenza

La scadenza per presentare il nuovo “piano fiscale strutturale” è fissata al 20 settembre. Il ministro dell’Economia però ha fatto intendere che non sarà probabilmente necessario attendere tanto. Se ne potrebbe iniziare a discutere, probabilmente, dopo le elezioni europee, a luglio. Ma come saranno trovati i 23 miliardi necessari alla prossima manovra? Giorgetti ha spiegato che per ragioni di «credibilità», l’intenzione del governo è di confermare gli obiettivi della Nadef sul deficit e sul debito anche per il prossimo anno. Ci saranno dunque tagli di spesa per i ministeri? Il Tesoro ci sta lavorando, ha confermato Giorgetti, ma è presto per parlarne. Si vedrà con la legge di Bilancio. Qualche certezza in più c’è per la conferma della riduzione delle aliquote fiscali portate lo scorso anno da quattro a tre, altra misura in scadenza. Per finanziare il taglio «c’è già un serbatoio», ha spiegato il vice ministro dell’Economia Maurizio Leo.

Si tratta del fondo per l’attuazione della delega fiscale, nel quale sono state “stipate” le risorse dell’abolizione dell’Ace, l’aiuto alla crescita economica delle imprese, che da solo vale 3,5 miliardi, e nel quale finiranno i soldi della Global minimum tax del 15 per cento per le multinazionali. Non solo, sulla riforma del Fisco nella prossima manovra potrebbe arrivare qualche nuova misura «compatibilmente» con i conti pubblici, ha spiegato Leo. Il governo si attende che dal nuovo concordato biennale preventivo per le Partite Iva, possano emergere le risorse necessarie a un nuovo intervento, magari una detassazione delle tredicesime fino a 15 mila euro di reddito, una misura già abbozzata lo scorso anno e poi accantonata in vista di tempi migliori. Oppure un qualche aiuto alla “classe media”, i redditi tra 35 mila e 55 mila euro. 

Ma cosa dice intanto la fotografia dei conti pubblici scattata dal Def approvato ieri dal consiglio dei ministri? Le previsioni sono pressoché in linea con la Nadef di fine settembre. Il Pil viene rivisto un po’ al ribasso (più uno per cento quest’anno e più 1,2% il prossimo), ma comunque ad un livello più alto delle stime di altri istituti che ora viaggiano su una forchetta di che oscilla tra il +0,6 e il più 0,8 per cento. Il deficit resterà quest’anno al 4,3 per cento, per poi passare al 3,7 per cento nel 2025 e al 3 per cento nel 2026. Inverte invece la rotta, rispetto al sentiero di discesa previsto in autunno, il debito: di qui al 2027 resterà sotto il 140 per cento, ma salendo progressivamente dal 137,8 per cento di quest’anno fino al 139,8 per cento del 2026 (il calo è rimandato al 2027). 

Il passaggio

Se le stime al ribasso sulla crescita sono il riflesso di un quadro internazionale e geopolitico «complicato», l’andamento del debito è «pesantemente condizionato dai riflessi per cassa del superbonus nei prossimi anni», ha spiegato come detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Per Bruxelles, però, non è il caso di fare «grandi drammi»: il peso del superbonus è stato «limitato nel tempo», osserva un alto funzionario europeo, ed ora è il momento di lavorare per «mettere i conti in ordine». Nei 219 miliardi di euro di bonus edilizi, sono compresi anche 16 miliardi di crediti disconosciuti. Un aiuto sui conti pubblici potrebbe arrivare dai futuri tagli della Bce. L’inflazione, ha ricordato Giorgetti, è ormai è arrivata a livelli assai bassi, inferiori rispetto a quelli medi europei: siamo sotto al 2 per cento, 1,6 per cento nel 2024, 1,9 per cento nel 2025 e 2026. «Questo», ha detto il ministro, «significa che per l’Italia siamo a livelli che giustificherebbero decisioni da parte Bce per un allentamento sul fronte dei tassi». 

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