Sicurezza alimentare: una nuova ricetta per conservare più a lungo la pasta fresca

Sicurezza alimentare: una nuova ricetta per conservare più a lungo la pasta fresca
Mercoledì 2 Novembre 2022, 13:15 - Ultimo agg. 13:17
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Messo a punto un nuovo processo per prevenire il deterioramento della pasta fresca, modificando i protocolli di confezionamento e aggiungendo probiotici antimicrobici nel processo di lavorazione: in questo modo si prolunga di 30 giorni la vita sullo scaffale (shelf-life) e si contribuisce a ridurre gli sprechi alimentari. Il nuovo metodo, illustrato sulla rivista Frontiers in Microbiology, è a cura di ricercatori dell’Istituto di biomembrane, bioenergetica e biotecnologie molecolari del Consiglio nazionale delle ricerche e del dipartimento di Bioscienze, biotecnologie e ambiente e del dipartimento di Scienze del suolo, della pianta e degli alimenti dell’Università di Bari Aldo Moro insieme a Food Safety Lab s.r.l.

La pasta fresca, a causa dell’acqua in essa presente, risulta deperibile e vulnerabile all’attacco microbico, una delle più frequenti cause di alterazione di tale prodotto.

In tale contesto, anche l’impiego di antimicrobici rappresenta dunque un presidio atto per prevenire le alterazioni microbiche e la possibile presenza di patogeni nel prodotto finito, sebbene i moderni consumatori preferiscano prodotti naturali "clean-label", ovvero prodotti senza ingredienti artificiali o sintetici.

Oggi, i ricercatori  con un pastificio pugliese hanno sviluppato il metodo "clean-label" per ottenere un significativo prolungamento dei tempi di conservazione. Le innovazioni sono state introdotte dopo aver valutato il processo utilizzato dall’azienda. Questo ha consentito di intervenire nella sua ottimizzazione, attraverso la modifica del confezionamento in atmosfera modificata (Map) sia in termini di film plastici usati che di proporzione dei gas, e l’impiego di una miscela di microrganismi probiotici bioprotettivi commerciali, massimizzando l’efficacia delle innovazioni.

I ricercatori hanno testato i nuovi protocolli sulle “trofie”. Una parte di campione di pasta fresca è stata prodotta e confezionata convenzionalmente. Un secondo set è stato prodotto tradizionalmente ma conservato nella condizione sperimentale di Map. A un terzo set di trofie fresche è stata addizionata la miscela di microrganismi probiotici, poi conservato nella confezione sperimentale.

Non solo. I ricercatori hanno esaminato la pasta fresca fino alla data di scadenza e oltre per monitorare la comparsa del deterioramento. Poi i set di pasta fresca sono stati testati mediante l’applicazione di un approccio-multi-omico basato sulla combinazione delle tecnologie analitiche convenzionali (analisi chimica e analisi microbiologica classica) con tecnologie altamente innovative come l’analisi metagenomica delle comunità batteriche e fungine, l’analisi proteomica e la spettrometria di massa atta a profilare composti organici volatili. L’integrazione dei dati ottenuti ha chiaramente dimostrato l’efficacia dei protocolli sperimentali testati determinando un prolungamento di 30 giorni della durata della conservabilità della pasta fresca.

«Questo lavoro dimostra come le innovazioni in campo bio-molecolare possano essere estese non solo alla medicina di precisione ma anche ad applicazioni industriali che impattano sulla vita di ogni giorno», hanno commentato Bruno Fosso (Dbba, Università degli studi di Bari) e Maria Calasso (Disspa, Università degli studi di Bari). «I risultati dimostrano che la modifica alle condizioni di Map, insieme con l’utilizzo di colture bioprotettive probiotiche, ha agito in modo sinergico per controllare il deterioramento microbico della pasta fresca durante la conservazione refrigerata», ha aggiunto Francesca De Leo, ricercatrice del Cnr-Ibiom. La tecnica sviluppata dal team potrebbe essere introdotta a livello industriale, aggiungendo 30 giorni di shelf-life rispetto al prodotto convenzionale. «Dal punto di vista del consumatore, il vantaggio di questo prodotto è la maggior durata che si accompagna alla facilità di conservazione pur mantenendo le caratteristiche organolettiche tipiche», la conclusione di  De Leo. «Questo può essere particolarmente importante considerando che i consumatori tendono sempre più a ridurre la frequenza dei loro acquisti di cibo, e di conseguenza a conservare i prodotti il più possibile dopo il loro acquisto e prima della loro consumazione».

Il valore di questa ricerca è strategico anche con la finalità di ridurre gli sprechi alimentari. Il Programma alimentare mondiale stima, difatti, che circa un terzo di tutti gli alimenti prodotti ogni anno venga sperperato o perso prima di poter essere consumato.

In allegato un'immagine di schematizzazione del processo.

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