Bancarotta fraudolenta per i terreni dello stadio della Roma: chiesta la condanna dei fratelli Papalia

Bancarotta fraudolenta per i terreni dello stadio della Roma: chiesta la condanna dei fratelli Papalia
Domenica 18 Ottobre 2020, 00:10 - Ultimo agg. 16 Febbraio, 12:26
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RIETI - Nei terreni dove dovrebbe sorgere lo stadio della Roma è in atto una controversia legale rilevante. Il primo esito lo si avrà il 15 dicembre. Giorno in cui il tribunale stabilirà se i vecchi proprietari, i reatini Gaetano e Umberto Papalia, hanno realizzato una bancarotta con la società affittuaria dell’ippodromo di Tor Di Valle. Un sistema concepito per vendere l’area, nascondendo i debiti. Intanto nell’ultima udienza celebrata a piazzale Clodio il sostituto procuratore Mario Dovinola ha chiesto di condannare Gaetano Papalia e Umberto Papalia, rispettivamente a 5 e 3 anni di reclusione. Pene inferiori, invece, per gli amministratori delle società Michele Saggese e Mauro Ciccozzi, 2 anni e 8 mesi. 

La vicenda. Andiamo con ordine.

La società Sais, riconducibile ai Papalia, proprietaria dell’ippodromo Tor di Valle, decide di affittare i terreni alla “Ippodromo Tor Di Valle s.r.l” per mezzo di una seconda società. Una locazione “ultranovennale” a carico della “Ippodromo Tor di Valle s.r.l”., anch’essa riconducibile alla famiglia Papalia. Il contratto viene stipulato il 28 aprile del 2008. Papalia, in pratica, affitta a se stesso. La nuova società appena costituita (“Ippodromo Tor Di Valle s.r.l”) si fa carico dei debiti della precedente compagine, 16 milioni di euro. Ma c’è di più, sempre la stessa s.r.l non paga l’Iva dal 2008 al 2011. I Papalia, inoltre, distraggono dalle casse della stessa società 5 milioni di euro. Insomma una gestione, per gli inquirenti, dissennata. Infine, l’s.r.l. non paga i contratti di locazione alla società titolare dei terreni, la Sais. Perciò quest’ultima azienda non incassando gli affitti pretende di ritornare in possesso dei terreni. Tutto questo meccanismo, per la procura, sarebbe strumentale. 

Bad company. Una sorta di gioco delle tre carte dove i debiti vengono scaricati da una società ad un’altra, perché a monte c’era l’obiettivo di vendere l’area senza gravami ad Eurnova di Luca Parnasi (non coinvolto in questa inchiesta). Un accordo stipulato già quando Sais aveva locato i terreni alla s.r.l.. Accade, perciò, che la “Ippodromo Tor Di Valle s.r.l” diviene la bad company stracarica di debiti mentre la good company, la Sais risulta uscirne pulita, priva di passivi e perciò nelle condizioni di vendere senza alcun problema. 

Le accuse. Questo meccanismo viene spiegato così nel capo d’imputazione da parte del pm Dovinola: «Per l’effetto di tali artificiose operazioni gli amministratori della “Ippodromo Tor Di Valle s.r.l” dolosamente» la conducevano «al fallimento per poi restituire alla Sais il terreno e l’ippodromo libero da gravami». E poi la seconda fase: «il complesso di attività distrattive e dolose dirette a cagionare il fallimento della Ippodromo Tor di Valle s.r.l è stato realizzato al fine» di restituire «alla Sais s.p.a. sia la proprietà che il possesso dell’area e di ogni bene ivi esistente, mettendo quest’ultima in condizione di vendere alla società Eurnova s.r.l. all’esito di una trattativa iniziata prima del 25 marzo del 2010».

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