L’ultima truffa dei salta-fila al Colosseo: la vendita di biglietti (a prezzi maggiorati) con il pos collegato direttamente al conto corrente bancario personale. Un business dorato, in piena piazza dell’Anfiteatro Flavio. Tutto illegale, ovviamente. Se prima gli ambulanti vendevano ticket sulla strada per conto di sedicenti agenzie turistiche, ora hanno fatto uno scatto di carriera imprenditoriale: lavorano in proprio, proponendosi “tour operator”, con tanto di personale conto presso un istituto di credito. A stanare la rete di bagarini dal terminale portatile, leggero e compatto, pronto a registrare transazioni sonanti ai danni di ingenui e sprovveduti turisti, sono stati i carabinieri del Comando Roma Piazza Venezia che hanno scoperto undici promoter irregolari.
Salta-fila abusivi: la truffa del Pos
Quasi tutti extracomunitari, dal Bangladesh, Mali, Tunisia, Senegal.
LA STRATEGIA
Il pos è indubbiamente una novità, che la dice lunga sulle capacità organizzative (e sulle risorse a disposizione). Due i pos sequestrati dai militari al Colosseo, utilizzati da cittadini stranieri del Bangladesh. «Si proponevano ai turisti direttamente come tour operator», dicono i carabinieri che ricostruiscono l’organizzazione: «Per il sistema di contingentamento dettato da regole anti-Covid, la vendita dei biglietti per il Colosseo ora è solo online, così questi signori non fanno altro che prenotare e acquistare tantissimi biglietti tramite la piattaforma del concessionario della biglietteria del parco del Colosseo, per poi rivenderseli sulla piazza a prezzo maggiorato».
L’operazione scatta presto, intorno alle 8 del mattino, quando comprano grossi stock di biglietti collegandosi alla piattaforma, esaurendo nel giro di poco tempo i biglietti a disposizione. «Ne possono prendere fino a 20 in una sola transazione», spiegano i carabinieri. Di qui, scatta la truffa per quel turista che arriva al Colosseo sprovvisto di biglietto («Magari molti non riescono a prenotarli online perché già presi dai saltafila», sottolineano i carabinieri).
Il promoter li avvicina e mette a segno il colpo: «Anzichè venderlo al prezzo regolare di 16 euro, se lo fanno pagare quasi dieci euro in più, con la scusa di spese di agenzia». Insomma, una cresta belle e buona. E via col pagamento tramite pos, collegato ad un conto corrente bancario personale o intestato a finte società. «Il pos è un passo avanti, segno di un’attività redditizia anche perché presuppone un investimento, un conto corrente aperto su cui far convergere i soldi», commentano dal comando. Un trucchetto raffinato: «Lo facevano apertamente, davano l’impressione di essere autorizzati, il pos in mano dava l’idea ai turisti di essere al centro di un circuito istituzionale». Una tenera trappola.