Salerno, l'avvocato di De Luca jr al processo Ifil: accanimento contro di lui

L'avvocato Andrea Castaldo nella sua discussione nega che il figlio del governatore della Campania sia socio occulto della soicietà fallita

Il deputato Piero De Luca
Il deputato Piero De Luca
di Petronilla Carillo
Giovedì 25 Gennaio 2024, 06:20 - Ultimo agg. 11:01
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Rinviata la sentenza per la bancarotta fraudolenta della Ifil. Il presidente del collegio aggiunge una data per consentire le repliche del pm alla discussione del difensore di uno degli imputati, il deputato Piero De Luca. Ed è stata, quella dell’avvocato Andrea Castaldo, una discussione animata e pungente, senza alcuna esclusione di colpi. Il legale ha teso ad evidenziare la mancanza di consapevolezza da parte di De Luca sul depauperamento della società. In pratica, ha portato avanti la tesi secondo la quale De Luca non sapeva che quei soldi uscivano dalla Ifil. Per Castaldo la posizione del figlio del governatore sarebbe stata molto gonfiata in quanto ci sarebbe una oggettiva sproporzione tra il ruolo del suo assistito e la vicenda storica della bancarotta. L’intera istruttoria, secondo il legale, sarebbe stata focalizzata su De Luca jr. Ci sarebbero tre temi fondamentali, secondo l’avvocato, che scagionerebbero Piero De Luca: innanzitutto che lui non è un socio occulto; quindi la distrazione dei beni sarebbe legata alla cortesia che chiedeva a Del Mese, ovvero di fargli i biglietti che poi gli avrebbe voluto pagare non sapendo che venivano pagati con i soldi della Ifi; quindi la qualificazione della bancarotta sarebbe impropria (a carico di De Luca, secondo il legale, ci sarebbe solo la distrazione di 13 mila euro: «un importo esiguo»). Il legale ha poi parlato di «suggestioni del pm» ed ironizzato:o «se era socio occulto vuol dire che era un fantasma». Quindi riprende la perizia del consulente della procura Nigro: «il perito tecnico del pm dice che le attività erano riconducibili a solo Mario Del Mese senza interferenze di terzi, ovvero di soci occulti». E ricorda la deposizione dei testi della guardia di finanza che non avrebbero mai attribuito a Piero De Luca il ruolo di socio, ricordando anche come «la sentenza di fallimento dice che sulla base degli accertamenti della finanza il dissesto causato dallo squilibrio finanziario della Ifil». Rispetto alla sentenza dichiarativa di fallimento intervenuta dopo i fatti del processo, secondo il legale, non sarebbe configurabile il concorso dell'extraneus nella bancarotta di Mario Del Mese. Infine le intercettazioni che, secondo l’avvocato Castaldo proverebbero una sorta di accanimento della Procura che in quel periodo mise sotto intercettazione sia Piero De Luca che tutti i familiari, addirittura la nonna e dalle intercettazioni non è emerso nulla. 


LE RICHIESTE
Queste le richieste del pm: due anni e due mesi a Piero De Luca e Giuseppe jr Amato. Quattro per Luigi Avino, tre per Emilio Ferraro (ex socio di studio di Piero De Luca); due anni a Marianna Gatto e Valentina Lamberti, mogli di Amato e Del Mese. Mario Del Mese, nipote dell’ex deputato Udeur Paolo, e suo cognato Vincenzo Lamberti sono invece usciti subito di scena: hanno scelto di patteggiare e sono stati condannati a sette mesi il primo, un anno e sei mesi il secondo.

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