Battipaglia, toni soft per l’assassino: è bufera sul consigliere

A Battipaglia monta la polemica contro un consigliere che chiede di non rendere l'assassino un mostro

Il femminicidio di Maria Rosa Troisi
Il femminicidio di Maria Rosa Troisi
di Petronilla Carillo
Lunedì 25 Settembre 2023, 06:00 - Ultimo agg. 07:14
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Mentre gli investigatori lavorano per mettere insieme i tasselli dell’omicidio di Maria Rosa Troisi per mano di suo marito Marco Aiello, a Battipaglia tiene ancora banco la polemica che ha travolto il consigliere provinciale di Uniti per la Provincia Vincenzo Clemente. A distanza di qualche giorno dalla fiaccolata, che doveva essere un momento di preghiera e di silenzio in ricordo dell’ennesima vittima di violenza, le parole del consigliere continuano a girare sui social catturando un fiume di critiche.

Dopo la fiaccolata, dal palco del Picentia Film Festival, Lamberti aveva chiesto di non trasformate Marco in un «mostro», «non è un mostro ma un uomo che soffre per il dramma della sua famiglia e dei suoi figli» e, pur condannando il suo «folle gesto» aveva chiesto di «comprendere e capire anche lu». Parole che avevabo scatenato l’immediata contestazione dei presenti e dell’associazione Differenza Donna di Salerno che aveva scritto in un post: «Avere un ruolo istituzionale vuol dire avere la responsabilità di usare le parole giuste in situazioni cosi dolorose e difficili per i familiari delle vittime di femminicidio e per tutta la comunità.

Per questo non possiamo tacere davanti alle parole del Consigliere Provinciale, Vincenzo Clemente, utilizzate durante il suo intervento a conclusione della fiaccolata» ribadendo la necessità di denunciare quanto accaduto. 

Sulla questione è poi tornata anche l’associazione di Battipaglia, Non sei sola, che ha chiesto le dimissioni del consigliere e, sulla propria pagina ufficiale facebook, ha postato un testo abbastanza forte nel quale, oltre a puntare l’indice contro Clemente, si fa riferimento anche al chiacchiericcio in città sui presunti tradimenti della donna che ora non può difendersi.

«Avremmo potuto parlare e dire di più ma abbiamo preferito il silenzio. L’impressione (dalla sera della fiaccolta, ndr) è stata che Maria Rosa Troisi fosse diventata un feticcio, che l’attenzione quasi non fosse più sul fenomeno strutturale e sociale che attiene alla dimensione dell’oppressione e della diseguaglianza tra uomini e donne: il femminicidio, ma su giudizi di valore che ciascuno si è sentito legittimato ad esprimere, anche in forma pubblica. Ci siamo confrontate in privato ma non solo internamente: anche con quanti e quante avrebbero potuto (dovuto?) avere una posizione chiara e senza esitazioni. Non abbiamo trovato supporto, non c’è stato dialogo. Allora abbiamo capito che non c’è più tempo, che non possiamo permetterci, neppure per un giorno, di tacere. Il femminicidio di Maria Rosa Troisi è avvenuto in casa nostra e non deve diventare l’ennesimo di cui domani dimenticarsene. Riprendiamo a parlare pubblicamente, esprimendo tutta la nostra profonda indignazione e chiedendo con urgenza le dimissioni immediate del consigliere. Quanto dichiarato dal Consigliere invece che contrastare la cultura della violenza, alimenta stereotipi di sessismo e mancato riconoscimento della dignità delle vittime. Quindi chiediamo una presa di posizione chiara ed inequivocabile da parte del Consiglio Comunale della Città di Battipaglia nella promozione e prevenzione della violenza di genere. La presenza (di pochi) alla fiaccolata non basta: anche il silenzio e l’assenza hanno un valore politico». Per la vicepresidente dell’associazione Claudia Giorleo, difatti, occorre maggiore competenza professionale e formativa «per parlare di argomenti importanti come questi. Ma, soprattutto, occorre una’azione a livello istituzionale: si deve seguire una linea comune e precisa per evitare che avvengano altri drammi come questi». 

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«Ho precisato durante il mio intervento che la violenza di qualsiasi genere va sempre condannata come il gesto che ha tolto la vita a una giovane madre - risponde alle accuse Clemente - La mia intenzione era quella di condannare la violenza e non giudicare la persona: il giudizio sulla persona spetta a chi è chiamato a farlo ossia alla magistratura. Non ho certo inteso minimizzare o addirittura giustificare, ma come si può pensare un assurdità simile e attribuire ciò alla mancata formazione o esperienza. Ritengo che in momenti così tristi non esistono parole giuste e se le uniche parole “giuste” per alcuni appartengono al linguaggio degli applausi Istituzionali ebbene non le ho dette anche se ho sempre manifestato il mio sostegno alle donne vittime di femminicidio e di qualsiasi forma di violenza. Ho una moglie e una figlia che adoro e rispetto senza essere assolutamente maschilista e patriarcale. Sono molto dispiaciuto di questa assurda interpretazione del mio pensiero e se in questa situazione così tragica le mie parole hanno urtato la sensibilità di qualcuno chiedo scusa, non era assolutamente mia intenzione ferire qualcuno». E conclude: «È una strumentalizzazione».

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Sulla questione è intervenuta dal primo momento anche la senatrice Cinquestelle Anna Bilotti, membro della commissione bicamerale contro i femminicidi per la quale «Ogni volta che una donna viene uccisa proprio un senso di frustrazione e di fallimento, perché lo Stato ha fallito. per questo motivo non sono d’accordo sul linguaggio utilizzato: non si tratta di raptus ma di un fenomeno strutturale contro il quale dobbiamo agire per cambiare questa cultura misogena e maschilista».

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