Figlio negato,
il papà si dà fuoco

Figlio negato, il papà si dà fuoco
di Nicola Sorrentino
Giovedì 3 Marzo 2022, 06:15 - Ultimo agg. 20:16
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«Sono un papà che ha trovato il coraggio di denunciare pubblicamente gli abusi delle istituzioni». Questo scriveva tempo fa, attraverso una pagina blog che aveva creato per l’occasione, Mario Naclerio, il 33enne originario di Nocera Inferiore ma residente in Lombardia, impegnato da mesi in una protesta contro i servizi sociali che non lo aiuterebbero a stabilire un rapporto continuativo col figlio di 3 anni. Il 21 febbraio scorso il ragazzo si è dato fuoco all’interno della sua auto, a Romano di Lombardia in provincia di Bergamo. A salvarlo sono stati i carabinieri. Da quella notte si trova ricoverato all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Non sarebbe in pericolo di vita, ma le sue condizioni sono monitorate. Un gesto estremo che ha sconvolto gli amici e i tanti che lo seguivano in rete, in ragione delle sue proteste pubbliche, partite dallo scorso Natale, dopo la separazione dalla compagna che aveva portato con se il figlio piccolo, in Sicilia. Da allora, così come aveva scritto anche in una denuncia sporta all’autorità giudiziaria, il giovane padre avrebbe incontrato «ostruzionismo» e sofferto mancanza di chiarezza sulle modalità, mai definite, legate alla possibilità di comunicare con il figlio. Solo attraverso video chiamate. Aveva raccontato, ad esempio, di «momenti di disturbo in modo da deviare l’attenzione del figlio», di «distrazioni, quali giochi, cibo, accensione della tv», rendendo quei 60 minuti di chiacchierate difficili e piene di interferenze. Inoltre, spiegò che la durata non era mai di 60 minuti, come da diritto, con le intromissioni della nonna materna e di un’educatrice, che una volta interruppero anche la chiamata.  

Mario lavora a Bergamo e più volte era andato in Sicilia per vedere il figlio, senza riuscirci. Da allora, aveva inscenato proteste, come uno sciopero della fame e della sete, organizzando presidi dinanzi al Comune e ai Servizi sociali che gestiscono le comunicazioni tra lui e il figlio. Su di una panchina blu, inoltre, aveva scritto nomi e cognomi di dirigenti e funzionari che riteneva responsabili della sua situazione. Poi il gesto estremo. La sera dei fatti, il ragazzo era seguito dai carabinieri, che probabilmente credevano che il 33enne avesse potuto cominciare una nuova protesta. Mario aveva fermato il veicolo in strada, ad un tratto, chiudendosi all’interno. Poi, dopo essersi cosparso il corpo con della benzina, si era dato fuoco. I carabinieri erano intervenuti all’istante, rompendo il finestrino e trascinando il ragazzo fuori, salvandogli la vita. Il gesto disperato del giovane ha destato l’attenzione, sui social, delle tante persone che seguivano le sue peripezie, attraverso dirette video e foto, a sua volta caratterizzate da denunce, proteste, procedimenti penali e altro, legati alle difficoltà di poter comunicare con il proprio figlio.

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