Salerno, morì per un aneurisma scambiato per mal di testa: chiesta la condanna per tre medici

La donna aveva un aneurisma ma fu prima dimessa dall'ospedale senza tac e poi il medico di famiglia le diede un ansiolitico: aveva tre figli, uno di sei mesi

L'ospedale Fucito a Mercato San Severino
L'ospedale Fucito a Mercato San Severino
di Petronilla Carillo
Mercoledì 21 Febbraio 2024, 06:30
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Sono passati otto anni da quando Daniela Delli Priscoli fece ritorno dallo studio del medico di famiglia con un ansiliotico prescrittole per un lancinante mal di testa. Sono passati otto anni da quando i suoi tre figli, l’ultimo dei quali nel 2016 aveva soltanto sei mesi, persero la mamma per un mal di testa la cui origine non era stata «approfondita» neanche durante l’accesso del giorno prima al pronto soccorso. Dopo otto anni di processo e tre medici indagati, a giorni dovrebbe arrivare la sentenza. Il pm della procura di Salerno ha chiesto tre anni di reclusione per tutti. Ma il processo è stato segnato da momenti di forte commozione, soprattutto quando è stata chiamare a testimoniare la sorella della vittima. Nel collegio difensivo, gli avvocati Donatella Sica, Marco Senatore, Maio e per la parte civile l’avvocato Francesco Dustin Grancagnolo. L’autopsia autorizzata dalla procura nell’immediatezza dei fatti, evidenziò che Daniela, all’epoca 38enne, era morta per un aneurisma cerebrale. Aneurisma non individuato dai medici che dell’ospedale di Mercato San Severino, comune di residenza della Delli Priscoli, perché - come poi evidenziato nel corso dell'istruttoria dibattimentale, la tac era in manutenzione. La donna, però, non fu trasferita in un altro ospedale ma dimessa e mandata a casa. Secondo il perito di parte civile, il neurologo e medico legale Tito De Marinis, Daniela poteva essere salvata se le fossero stati fatti approfonditi esami. Sulla stessa lunghezza d’onda anche la perizia della procura, affidata al medico legale Giovanni Zotti. Era la mattinata del 5 dicembre del 2016 quando Daniela andò in ospedale a Mercato San Severino per una forte cefalea. I medici riscontrarono una grave ipertensione arteriosa, di massima gravità, e, nonostante al momento delle dimissioni, la donna fosse colta da un nuovo e fortissimo dolore, che secondo prassi doveva essere calmato con una terapia farmacologica, i medici omisero di ricoverarla e anche di effettuare una tac ed altre indagini. Ma non fu neanche disposto il suo trasferimento in un’altra struttura sanitaria. La dimisero prescrivendole ulteriori approfondimenti diagnostici di natura ortopedica per i forti dolori al collo. Il giorno successivo il medico di famiglia della Delli Priscoli, invece, senza una adeguata diagnosi, le prescriveva soltanto un ansiolitico, ovvero un holter pressorio per la cefalea senza considerare una diagnosi di natura vascolare o neurologica. Infatti la donna aveva una emorragia cerebrale in corso.

Tant’è che nel giro di pochi giorni dalle dimissioni è tornata nuovamente in ospedale, ma questa volta al San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, per non uscirne mai più viva. Qui i medici non hanno potuto far altro che constatarne la morte cerebrale. Le sue ultime parole, nel corso della nottata, prima dell’ennesimo ricovero sono state al marito: «Portami in ospedale, non sto bene», poi in ambulanza ha perso i sensi. 

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