Vallo della Lucania, la famiglia del contadino ucciso dall'ex direttore dell'ufficio postale cita Poste italiane per il risarcimento

L'ex direttore dell'ufficio postale di Massa di Vallo è stato condannato all'ergastolo, ma il reato di appropriazione indebita è andato in prescrizione

Un'aula di tribunale
Un'aula di tribunale
di Viviana De Vita
Domenica 11 Febbraio 2024, 06:45 - Ultimo agg. 14:33
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Poste italiane citata per danni e chiamata a risarcire gli eredi di Carmine Novelli, il 57enne cilentano ucciso e trovato cadavere il 7 marzo del 2001 sul ciglio di una strada a pochi passi dal cimitero di Moio della Civitella, dopo che dal suo conto era sparita la somma di 142 milioni di lire. Non è quindi ancora finita la vicenda giudiziaria scaturita dal delitto del contadino cilentano ucciso da Pasquale Cammarosano, l’ex direttore dell’ufficio postale della frazione Massa di Vallo della Lucania già condannato con sentenza definitiva all’ergastolo per quel delitto ricostruito solo 9 anni dopo. Per quegli ammanchi dal libretto postale del contadino, i familiari della vittima, rappresentati dall’avvocato Agostino Bellucci, chiedono ora il risarcimento alle Poste dopo che l’ex direttore è stato salvato in Appello grazie alla prescrizione dalle accuse di appropriazione indebita e falso per le quali in primo grado era stato condannato a 4 anni e mezzo di reclusione. Il procedimento civile si è aperto davanti al tribunale di Vallo della Lucania: gli eredi della vittima chiedono alla società la somma di 127mila euro, quella stessa somma, illecitamente prelevata dal libretto dell’inconsapevole vittima. «La società – si legge nell’atto di citazione redatto dall’avvocato Bellucci – è responsabile contrattualmente dell’operato del suo dipendente per le sottrazioni di denaro da quest’ultimo realizzate ed è tenuta a risarcire tutti i danni subiti dal cliente, essendosi servita dell’attività lavorativa prestata dal Cammarosano all’epoca dei fatti». Una responsabilità oggettiva – si legge ancora nell’atto di citazione – poiché va rilevato che — nel caso di specie — il fatto risulta imputabile a macroscopica negligenza da parte della società Poste italiane, la quale ha affidato una posizione di notevole responsabilità ad un soggetto, Pasquale Cammarosano, che si era precedentemente reso responsabile di gravissimi fatti di reato, commessi esattamente nell’esercizio delle medesime funzioni, senza svolgere alcuna forma di controllo sull’operato del proprio dipendente». Pasquale Camamarosano aveva infatti precedentemente patteggiato a Pisa per analoghi reati commessi presso un altro ufficio postale nell’esercizio delle sue funzioni. 
LA STORIA
La vicenda che fece scattare le manette ai polsi del direttore risale al 2010 quando, in seguito a numerose lamentele da parte dei correntisti dell’ufficio postale di Massa che chiedevano chiarimenti circa i loro depositi e venivano automaticamente rimandati ad altra data per i motivi più disparati, i carabinieri e la Procura accesero i riflettori su quell’ufficio postale. Semplice il metodo utilizzato da Cammarosano che, per truffare i correntisti, utilizzava l’espediente di riportare a penna il saldo sul libretto adducendo come scusa un guasto al terminale e riuscendo in tal modo a utilizzare a proprio piacimento i conti dei clienti. Le indagini consentirono agli inquirenti di accertare che il vero motivo dei rinvii ai controlli richiesti dai possessori di libretti postali o buoni non erano dovuti a guasti inscenati, ma al fatto che la somma reale era di molto inferiore a quella riportata sui titoli in questione per via dei prelievi non autorizzati ed effettuati dal direttore all’insaputa dei creditori.

La ricostruzione del delitto di Carmine Novelli avvenne proprio nell’ambito delle indagini scattate dalla denuncia dei correntisti truffati e poi risarciti da Poste che, nell’ambito del procedimento per peculato a carico di Cammarosano, fu riconosciuta responsabile civile.

Cammarosano fu incastrato grazie alla comparazione delle impronte digitali rinvenute dai militari del Ris di Roma sui sacchi di plastica che contenevano il cadavere del contadino, con quelle rilevate proprio in occasione dell’arresto per gli ammanchi sui conti correnti.

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