Salerno, Ron al Premio Charlot per celebrare Dalla: «Con Lucio un'intesa magica»

Il cantautore chiude la rassegna salernitana: "I Maneskin? Li ho ospitati nel mio studio, ragazzi bravi e semplici"

Ron
Ron
di Maria Francesca Troisi
Sabato 29 Luglio 2023, 10:07 - Ultimo agg. 10:08
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Luci, anzi Lucio sul Premio Charlot. Sì perché quest'anno la manifestazione chiude celebrando Lucio Dalla (dopo l'omaggio a Battisti, Nuti e Troisi). Prevista per stasera, la serata (condotta da Gianmaurizio Foderaro) avrà per protagonista Ron, che del resto è la metà artistica di Lucio, accompagnato dall'Ensamble Symphony Orchestra diretta da Giacomo Loprieno.

Garbo, dolcezza e quel parlare di sé che avvicina subito il pubblico, l’ex enfant prodige Rosalino Cellamare, diventato cantautore di riferimento per più di una generazione, è oggi un musicista realizzato, e forte di una certezza sudata in più di mezzo secolo di carriera, anche libero di portare sul palco ciò che gli va, come nel suo avviato summer tour, ma sempre attento al gusto di chi lo segue.

A Salerno avrà sicuramente davanti un altro viaggio e “Una città per cantare”. «È una città che conosco bene, ed è davvero una città per cantare, in cui scatta un meccanismo affascinante col pubblico, sempre molto attento».

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Quanto sente sua questa canzone?
«Tantissimo, è una di quelle più vicine a me; negli anni i momenti difficili non sono mancati, ma il fascino di un altro viaggio è sempre stato più forte».

Qui al Premio Charlot, che quest'anno omaggia quattro grandi artisti, tra cui la sua metà, Lucio Dalla.
«Anche se i nostri gusti musicali erano lontani - Lucio era un gran clarinettista e sassofonista jazz - avevamo un'intesa magica, sia sul palco che nella stesura delle canzoni».

Quant’è complicato scegliere i pezzi per la scaletta, potendo pescare da una tale discografia?
«È dura, le canzoni sono tante e tante sono quelle che la gente vuole sentire a tutti i costi».

Quale non può mancare?
«‘Non abbiam bisogno di parole’ e ‘Una città per cantare’, se non le suoni ti aspettano per dirtene quattro!»

Quale, invece, ha più voglia di cantare?
«Dico ancora ‘Una città per cantare’, la canto apposta come primo brano, a mo' di liberazione».

I duetti hanno caratterizzato la sua carriera; farebbe un featuring con un rapper come Lazza o coi rocker Måneskin?
«Preferisco ascoltarli, studiarli. Lazza, ad esempio, mi piace molto, ma io non so rappare, farei un disastro. Che dire poi dei Måneskin, sono bravi, e soprattutto capaci di farsi largo partendo dalla strada. Dirò di più, sono venuti nel mio studio di registrazione, e sono rimasto colpito».

Si spieghi meglio.
«Dai rockettari non ti aspetti certe gentilezze, una tale educazione, invece chiedevano il permesso per ogni cosa: ‘posso usare questo? Posso provare quello?’. Poi abbiamo anche comprato il tavolo da ping pong e si sono divertiti molto. Sono dei ragazzi semplici, dei bravi ragazzi, insomma».

Scriverebbe per le nuove leve e per chi?
«Certo, a Sanremo mi ha colpito molto Olly, un ragazzo giovane e con una gran passione e talento. Sì, mi piacerebbe lavorare con lui».

Sanremo, visto le sue recenti dichiarazioni, è un capitolo chiuso?
«Ma no, assolutamente, è un'occasione pazzesca per chiunque. Anche perché un altro programma musicale simile non esiste in Tv».

Allora si candida per il prossimo?
«Devo prima avere una bella canzone, no?».

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