Scommesse illegali e gioco d'azzardo online tra Salerno e l'Agro, 53 persone rischiano il processo

Alla base dell’organizzazione una holding del gaming online legata ai Casalesi: guadagni per 5 miliardi in due anni

La Cittadella giudiziaria di Salerno
La Cittadella giudiziaria di Salerno
di Nicola Sorrentino
Martedì 18 Aprile 2023, 07:00 - Ultimo agg. 08:19
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Denaro riciclato attraverso un sistema illegale di scommesse sportive e gioco d’azzardo. Sono 53 le persone che rischiano un processo, a seguito della richiesta di rinvio a giudizio della procura di Salerno.

I fatti, compresi in gran parte a Mercato San Severino, Salerno e Agro Nocerino e che vanno dal 2013 al 2019, riguardano accuse - contestate a vario titolo - di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzato alla commissione di una serie di delitti in materia di giochi e scommesse illegali, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, reimpiego di denaro provento di delitto in attività economiche, auto-riciclaggio, con l’aggravante di aver agevolato organizzazioni criminali. Secondo le accuse, in due anni il gruppo avrebbe incassato 5 miliardi di euro. Denaro che avrebbe favorito, in particolare, il clan dei Casalesi. L’udienza preliminare è stata fissata per il prossimo luglio.

L’inchiesta dell’Antimafia aveva ottenuto il processo per circa 18 persone. Sullo sfondo del lavoro dei carabinieri vi sarebbe stata una vera e propria holding del gaming on line (casinò, poker Texas Holdem) associata alla rete dbgpoker, non autorizzata in Italia. I giochi erano raggiungibili attraverso slot machine e totem installati nelle località del Sud Italia, dove era ritenuta più forte la pressione della criminalità organizzata. Il business si basava su una piattaforma informatica realizzata nel 2000 da uno degli imputati, già noto alle forze dell’ordine, un romano. I server, coordinati da Mercato San Severino, erano invece stati dislocati nei paradisi fiscali, come Panama e l’isola di Curacao.

A capo dell’associazione la Dda collocò un uomo ritenuto vicino ad una ‘ndrina in Calabria, insieme ad altri che avevano il compito di consentire giochi e scommesse illecite sulla piattaforma, diffondendo le stesse e acquisendo poi i proventi illeciti mediante raccolta fisica del denaro contante scommesso dai partecipanti.

Tutto questo avveniva mediante transazioni finanziarie non tracciabili. Il sistema piramidale aveva alla base il giocatore, che finanziava l’attività. Alla punta più alta, il vertice vendeva ai vari livelli gestionali crediti virtuali che, poi, diventavano reali grazie alle giocate online o ai totem fisici scollegati dalla rete dei Monopoli, dei giocatori finali. Una parte importante dei guadagni restava al casinò (i vertici della gang) mentre il resto andava ai quattro livelli collocati al di sotto: Nazioni, Regioni, Distretti e Club. Undici furono i siti web sequestrati, insieme a due società e a 3 milioni di euro in possesso di uno degli imputati e altri soggetti, ritenuti prestanome. Stando alle accuse - che dovranno passare il vaglio del gip - riciclare denaro sporco attraverso le scommesse illegali e il gioco d’azzardo serviva ai clan della provincia di Caserta anche per pagare gli affiliati e il mantenimento dei detenuti.

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