Salerno, segregata dal marito vede morire il figlio senza poter chiedere aiuto

La storia di una delle donne assistite da La Crisalide e che ha ottenuto un diploma di formazione nel settore terme e turismo

Le donne vittime di violenza e il loro riscatto
Le donne vittime di violenza e il loro riscatto
di Viviana De Vita
Giovedì 14 Dicembre 2023, 06:40 - Ultimo agg. 14:43
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Segregata in casa con i suoi figli senza né acqua né luce. Privata persino delle utenze telefoniche, ha visto il suo bambino di appena un anno morire davanti a lei senza che potesse nemmeno provare a salvarlo con una telefonata al 118. È stato il figlio più grande, un ragazzo di 16 anni, ad interrompere una spirale assurda di violenza allertando i carabinieri quando ha visto la madre esanime in una pozza di sangue. I militari hanno fatto irruzione in quel casolare e hanno scoperto l’inferno: la donna era sottoposta a sevizie e torture senza che mai nessuno si fosse accorto di lei. Per la società era un fantasma perché il marito la costringeva costantemente a cambiare luogo di “segregazione” e i suoi stessi figli non frequentavano regolarmente la scuola. È una storia di riscatto quella di Lucia (nome di fantasia) restituita alla vita prima grazie alla denuncia e, poi, grazie ai volontari dell’associazione “La Crisalide” che hanno spalancato le porte della casa di accoglienza a lei e ai suoi figli. Ora Lucia ha finalmente girato pagina. 
Il primo capitolo della sua nuova vita è stato scritto ieri quando, nella sala giunta del Comune di Salerno, città dove è stata collocata dalla rete di accoglienza che è scattata in seguito alla denuncia, ha ricevuto il diploma professionale a conclusione di un corso annuale della durata di 250 ore, che le consentirà di trovare un lavoro e raggiungere l’indipendenza economica. Quando è arrivata a Salerno, nella casa di accoglienza La Crisalide, presieduta da Roberta Bolettieri, Lucia aveva paura. C’è voluto tanto coraggio per ricominciare e, soprattutto, per iniziare a credere nella giustizia. La sua vicenda è infatti ora al vaglio della magistratura che ha aperto un fascicolo. 
LE PROTAGONISTE
Lucia non è la sola ex vittima di violenza che, dopo aver avuto il coraggio di denunciare, ha cambiato la propria vita. Con lei, ieri, a ricevere l’attestato alla presenza dell’assessore alle politiche sociali del Comune di Salerno Paola De Roberto, della presidente de La Crisalide Roberta Bolettieri, della salernitana Grazia Biondi divenuta il simbolo della lotta contro la violenza di genere, c’erano altre cinque donne che si sono lasciate alle spalle un passato di sopraffazione decidendo finalmente di cambiare vita partecipando ad un progetto formativo che le ha qualificate permettendo loro di inserirsi in centri benessere, strutture alberghiere e strutture termali. La rete creata dall’associazione La Crisalide ha inoltre fatto sì che imprenditori del settore alberghiero e termale offrissero a queste donne un’opportunità lavorativa per la prossima stagione estiva. 
LE VOCI
«Oggi grazie a voi della Crisalide – ha affermato una delle giovani presenti ieri in aula alla cerimonia di consegna degli attestati – sono la donna che meritavo di essere. Con questo percorso ho ritrovato dignità ed autostima ma, soprattutto, ho capito una cosa: noi donne, se ci impegniamo, possiamo fare tutto. Noi non siamo incapaci ma uniche: oggi celebriamo tutte la nostra rinascita, da donne salvate dalla violenza, a donne che ce la fanno da sole». «Grazie per questa grande possibilità – ha affermato un’altra delle ragazze presenti in aula – e soprattutto grazie per averci accolte in uno dei momenti più bui della nostra vita. Noi valiamo come mamme ma, soprattutto, come donne». 


«Il fenomeno della violenza di genere – ha affermato la presidente dell’associazione “La Crisalide” Roberta Bolettieri – non conosce distinzione né di ceto né di età.

Le donne che si rivolgono a noi sono tante e di diversa estrazione sociale; addirittura delle docenti che hanno dovuto lasciare la casa di proprietà per evitare di trovarsi a contatto con quel marito violento che le massacrava di botte. E’ triste pensare che alla fine queste donne sono vittime due volte perché quando scelgono di salvarsi, sono costrette a recludersi nell’attesa che la macchina della giustizia si metta in moto».

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